Biografia narrata di Franco Leggio
di Pippo Gurrieri
Franco Leggio nasce a Ragusa il 2 marzo 1921, da giovanissimo è impiegato nelle miniere come ragazzo dei mastri picconieri; riesce a farsi mandare a Roma in un campo Dux per portare nella capitale la protesta di questi giovani occupati nelle miniere di pece di Ragusa, sfruttati e sottopagati. Allo scoppio della guerra si arruola volontario nella Marina riuscendo così a sfuggire alle persecuzioni della polizia politica, da tempo sulle tracce di un gruppo di giovani antifascisti che infastidivano con alcune azioni il quieto vivere ragusano. Nel 1943 il personale della nave si ammutina e consegna il natante agli inglesi; nel frattempo scopre di aver contratto la tubercolosi e viene ricoverato all’Ospedale G. B. Odierna di Ragusa, dove conosce un altro ricoverato, Michele Megna da Palagonia, che in precedenti ricoveri a Roma, aveva preso contatto con il mondo antifascista legato al Partito d’Azione e con gli anarchici, e faceva circolare nel tubercolosario la stampa di questi movimenti. Scopre così di avere idee molto affini con l’anarchismo, benché la maturazione effettiva di una scelta avverrà un paio d’anni dopo.
Verso l’ultima parte dell’anno 1944 cresce intanto in tutta la Sicilia la protesta contro il richiamo alle armi voluto dal governo Badoglio-Togliatti; gli antifascisti ragusani, e soprattutto un gruppo di giovani a lui legati, sono attivi nella preparazione di un’eventuale azione armata; così il 5 gennaio, quando l’esercito entra nella città ribelle per catturare i disertori, questo gruppo, assieme ad altri costituitisi spontaneamente, entra in azione, recupera armi nascoste, promuove una resistenza armata che per tre giorni riuscirà a bloccare l’esercito fuori dalla città. Dopo la sconfitta della sommossa Franco Leggio torna a rifugiarsi al Sanatorio dichiarando di non essersi mai mosso da lì, protetto persino dalle suore che lo gestivano. Ma dopo alcuni mesi, e in seguito ad una spiata, viene tratto in arresto, raggiungendo così nel carcere di Catania gli altri ribelli.
Tornerà a Ragusa dopo circa un anno di prigione, e, avendo nel frattempo chiarito le proprie posizioni ideologiche darà vita, con gli altri giovani del “non si parte” a lui vicini, al Gruppo anarchico La Fiaccola, iniziando una grande attività di propaganda, in contatto con l’anima dell’anarchismo negli iblei, Giuseppe Alticozzi di Modica, con il quale daranno vita nel 1946 alla Federazione Anarchica della Sicilia Sud Orientale (FASSO) con 4 gruppi a Modica e uno ciascuno a Ragusa, Comiso, Vittoria, Scicli e Ispica. Nell’autunno del 1946 anche Maria Occhipinti, da poco scarcerata per la sua partecipazione al “non si parte”, si unirà agli anarchici abbandonando definitivamente ogni contatto con il partito comunista, che oltre ad essersi opposto alla rivolta (considerata “rigurgito reazionario e fascista”), aveva cercato di fare terra bruciata attorno a lei e agli altri ribelli.
E’ un fervente periodo di attività: propaganda a 360°, appoggio ai movimenti sindacali, lotta all’oscurantismo religioso.
Franco ritorna a lavorare alle miniere; sono gli anni in cui le proprietà cercano di disfarsi degli impianti, fiaccati dalla concorrenza; è tra i promotori dello sciopero del 1948, e della successiva occupazione e autogestione: settimane di scontro con la direzione, con la polizia, con i capi della Camera del Lavoro e del partito comunista, che condurranno ad un accordo per trasformare le miniere in cementificio, al prezzo di decine di licenziamenti. Quando strapperà l’elenco dei licenziati, dove non era inserito, verrà a ritrovarsi immediatamente tra i sacrificati. E allora continuerà una protesta estrema, recandosi a lavorare ogni giorno, per settimane, da licenziato, creando forte imbarazzo nella direzione e fra i compagni di lavoro; rifiuterà laute offerte per togliersi di mezzo, e proseguirà fino allo stremo, quando, soffocato dai debiti e dal bisogno, non deciderà di emigrare a Napoli con la famiglia. Il gruppo anarchico e quei settori di dissidenza comunista e sindacalista perdono così la loro punta di diamante. Maria Occipiti scriverà in seguito: “Senza Franco Leggio Ragusa era un cimitero”. E partirà anche lei. Poi partiranno quasi tutti gli altri: Venezuela, Germania, Nord Italia; del gruppo La Fiaccola non rimarranno che deboli tracce, alimentate dall’andirivieni di Franco Leggio, che troverà sempre le energie per supportare i suoi compagni iblei e siciliani. Così nel ’55, quando verrà fondato l’organo mensile regionale “L’Agitazione del Sud”, ne sarà responsabile dei primi numeri, che verranno pubblicati a Modica.
Perfettamente inserito nelle dinamiche dell’anarchismo nazionale e internazionale, sarà nel frattempo tra i fondatori del bollettino “Conoscersi…comprendersi” che punta a un rilancio dell’anarchismo, ingabbiato in questo periodo tra il mito stalinista e sovietico e la società democratica che prendeva corpo; non si tratta solo di un rinnovamento ideologico, ma soprattutto nella pratica e nell’azione. Sono ancora forti gli echi della guerra civile spagnola, schiacciata dal franchismo (e dal nazifascismo) e tradita dai partiti comunisti fedeli all’URSS; la guerriglia degli anarchici spagnoli è nel pieno della sua attività e generazioni di militanti vengono assorbiti da questa esperienza. Franco Leggio è coinvolto nei supporti strategici ai guerriglieri, e lui stesso prenderà parte ad alcune pericolose azioni in terra spagnola. Per circa un ventennio questa attività lo impegnerà come non mai, assieme all’interesse editoriale, all’attenzione per i nuovi movimenti giovanili (dai beatnik ai provos) e ai fermenti che preparano il 68.
Ancora nomade, in seguito alla rottura con la famiglia, sarà a Foggia, Milano, Parigi, Genova, mentre comincerà a ripiantare le sue radici a Ragusa, dove posizione la sua casa editrice, La Fiaccola, a partire dal 1961.
Esponente dell’ala antiorganizzatirce dell’anarchismo, che si distingue dall’individualismo perché rifiuta forme stabili e burocratizzata di organizzazione, ma non l’organizzazione in sé, dedicherà ogni spazio della sua vita al movimento. In lui non esiste alcuna distinzione tra vita privata e vita politica. Per di più è uno che prende di petto le cose, che non conosce autocensura né davanti a un poliziotto né davanti a un magistrato. Così l’attività editoriale gli procurerà non pochi grattacapi per alcuni opuscoli atei e anticlericali, ma ancora di più gliene procureranno le sue risposte agli inquisitori. Conoscerà diverse volte il carcere per questa sua coerenza estrema, e ogni volta ritornerà più rinfrancato di prima.
Si troverà a Genova nel luglio del ’60, a Parigi nel maggio ’68, a Milano nel dicembre del ’69, sempre al centro di eventi e di proteste e di processi resistenziali. Poi deciderà di rimettere definitivamente le radici a Ragusa, dove rientrerà pur non avendola mai abbandonata, e trasformerà il “buchetto” di via San Francesco, in un “covo” frequentato da vecchi operai dell’ABCD e da giovani capelloni. E quando nel finale del 1971 si formerà gruppo anarchico per volontà di numerosi giovani under 20, sarà esplicito nell’esigere la reciproca autonomia, per non condizionare i giovani. I quali, comunque, lo avrebbero sempre saputo presente e disponibile. Fino a prendersi le denunce al posto loro per non allarmare genitori perbenisti.
Così tutta l’epopea sessantottina iblea, i fatidici e animatissimi anni settanta, ruotano senz’altro attorno alla sua figura carismatica, si tratti di animare discussioni al bar Mediterraneo di Ragusa o di intavolare campagne politiche con Lotta Continua di Comiso, di affermare l’antifascismo nelle piazze, come di denunciare la repressione contro i movimenti a livello nazionale. Decine e decine di giovani passano da casa sua, dalla sede anarchica, o dai luoghi da lui frequentati, per ascoltarlo, confrontarvisi o semplicemente frequentarlo e subirne il fascino. Ricostruire quel decennio in poche righe sarebbe fare un torto alle tantissime ragazze e ragazzi, ai protagonisti di quella stagione felice e intensa che cambiò le vite di tanti. Franco continuava a pubblicare libri, a beccarsi denunce, a girare in lungo e in largo l’Italia e l’Europa, coltivando relazioni e animando battaglie, come quella per la liberazione di Giovanni Marini a Salerno. E quando il “riflusso” cominciò a lanciare i primi segnali, e la diffusione dell’eroina magistralmente pianificata sopraggiunse a spezzare legami, complicità e vite, attorno a lui si radunarono le aree superstiti della bella stagione, per fondare nel 1978 la Libreria Zuleima, mentre muoveva i primi passi il giornale “Sicilia libertaria”, e poco tempo dopo calava su Comiso la scellerata scelta di installare la base missilistica per 112 missili cruise americani all’ex aeroporto Magliocco.
Fu questa un’altra stagione a cui non si sottrasse nessuno a sinistra, ognuno col proprio metodo e le proprie contraddizioni; a maggior ragione gli anarchici che furono tra i primi a promuovere la controinformazione e a organizzare la protesta. Anche questo fu un movimento troppo ricco e complesso per riassumerlo in queste brevi note, ma Franco ne fu protagonista a tempo pieno, per un certo periodo si trasferì a Comiso nella casa affittata dagli anarchici, e con la sua personalità e la sua determinazione fungette quasi da ponte tra le varie anime della lotta, fino al febbraio del 1983, quando venne arrestato (decisione provvidenziale) e incarcerato per 7 mesi per una condanna passata in giudicato subita durante la battaglia per Marini, quando, nel 1974, in un’aula di tribunale, presenti anche Dario Fo e Franca Rame, gridò “porcospino, clerico fascista” a un giudice che comandava il pestaggio dell’anarchico salernitano. Una carcerazione a orologeria per sottrarlo a un movimento nella fase più importante del suo sviluppo: l’estate dell’83, anno clou della battaglia contro la base missilistica.
Gli anni successivi procedono tra un’intensa attività editoriale, le iniziative antimilitariste a Comiso e in Sicilia, i meeting anticlericali nazionali, il potenziamento del giornale, diventato nel frattempo mensile, i consueti viaggi in mezza Italia, i primi maggi anarchici a Ragusa, nati da una sua idea nel 1989… E la salute? A quella non ci aveva mai pensato, non ne aveva avuto tempo; a settant’anni era come ne avesse sempre 50, e nello spirito, nelle idee, nel portamento, era sempre il più giovane, il più spregiudicato, il meno conservatore. Fino all’autunno del 1993, quando trascurò i segnali che il corpo gli mandava, sopportò alcuni piccoli ictus preso com’era dall’uscita di un nuovo libro, fin quando la botta non fu pesante tanto da tramortirlo fisicamente e moralmente. Da quel momento invecchiò, cessò quasi di parlare e definitivamente di scrivere, non riuscì a deambulare in autonomia; i compagni e le compagne lo “adottarono” non lasciandolo mai solo; le calate di uno dei figli si fecero più costanti. Casa sua era sempre piena di giovani, non si perdeva un’apertura della sede, ma la sua era la presenza di un fantasma; irriconoscibile per chi lo aveva conosciuto, incredibile per chi ne apprendeva la lunga e tormentata vita militante.
Morirà il 15 dicembre del 2006 circondato dall’affetto dei tantissimi che lo avevano voluto bene e che per lunghi o brevi periodi gli si erano avvicinati. Un lungo corteo con bandiere nere e rosso nere lo accompagnerà in piazza San Giovanni, per un saluto libertario e laico. Il suo corpo verrà cremato.
Per approfondimenti:
Franco Leggio, “Avanti, avanti, avanti! con la fiaccola nel pugno e con la scure: i fuori testo delle collane Anteo e La Rivolta", Edizioni La Fiaccola.
Franco Leggio, “Le parole e i fatti: cronache, polemiche, reportages (1946-1959)", a cura di Pippo Gurrieri, Sicilia Punto L Edizioni.
RISORSE