Nel corso degli anni, ogni volta che vogliamo descrivere il tipo di approccio storiografico che utilizziamo nel nostro Archivio – in particolare attraverso il Bollettino, ma non solo – ricorriamo a espressioni come storia minore, storia dal basso, public history (neologismo anglo per definire qualcosa che in storiografia esiste da tempo). Sono tutti termini che descrivono bene il nostro modo di “fare storia” in generale, ma che si rivelano particolarmente adeguati se l’oggetto delle nostre ricerche è in specifico il movimento anarchico italiano e internazionale.
Siamo infatti convinti che la storia anarchica sia stata e sia un processo fortemente collettivo che ha certamente espresso le sue figure carismatiche, tanto nel pensiero quanto nell’azione, ma che di fatto poggia prioritariamente su quelle schiere di “semplici” militanti, spesso anonimi, che ne compongono il tessuto connettivo. Senza di loro non ci sarebbe storia dell’anarchismo, ma solo storia di individualità anarchiche.
Non è quindi un caso se abbiamo spesso cercato di dare un volto e un nome a questi comuni militanti, ad esempio con le Cover story del Bollettino e con la mostra Faccia d’anarchico, ma soprattutto raccogliendo nel tempo le loro testimonianze scritte e orali (e fortunatamente non siamo stati gli unici a fare questo prezioso lavoro). Nel presentare le vicende esistenziali e le riflessioni di questi “anarchici qualunque”, ci siamo proposti di andare oltre le grandi narrazioni incentrate sui personaggi più noti e sugli eventi cruciali, e di sfuggire così a quel racconto epico che troppo spesso ha finito per produrre “santini” anarchici, oscurando quell’enorme sforzo collettivo che è stata ed è la vera linfa vitale dell’anarchismo.
Da qui deriva il nostro approccio storiografico, consapevolmente orientato a valorizzare una storia dal basso – e dunque spesso una storia orale – che il più delle volte esula dai “criteri scientifici” dell’accademia. Criteri certamente “oggettivi” e a loro modo essenziali per “ordinare un archivio”, ma di fatto incapaci di contenere le infinite variabili dell’umano, ovvero nel nostro caso dell’anarchismo vissuto.
Dunque la nostra priorità è dare voce a questo racconto corale – a volte dissonante, perché fa parlare i tanti anarchismi emersi nel tempo e nello spazio – e così preservare la memoria delle molteplici forme di vita in cui si è espresso quell’inscindibile connubio di pensiero e azione che costituisce l’identità anarchica.
Negli ultimi anni, applicando questa metodologia di base in modo da sfruttare al meglio le potenzialità degli strumenti digitali, abbiamo avviato dei progetti di archivio digitale, finalizzati appunto a “dare vita” e “far parlare” interi fondi archivistici: “Pinelli: una storia” e “Venezia ‘84”. Anche in questo caso, una serie di documenti e materiali originali vengono contestualizzati e messi in relazione, per essere poi inseriti in una narrazione più ampia (o meglio, in un intreccio di più narrazioni) che crea percorsi digitali che si muovono lungo il filo delle testimonianze orali dei suoi vari protagonisti.
La collana dei Quaderni del Centro Studi Libertari, avviata nel 2018, rappresenta un ulteriore tentativo di coniugare questo approccio storiografico con i filoni di ricerca sull’anarchismo. Si tratta di una serie di biografie militanti di esponenti, più o meno noti, di un particolare filone di anarchismo contemporaneo, ovvero di quella generazione che si è trovata a vario titolo a rilanciare l’anarchismo nella seconda metà del Novecento, accomunata da una forte volontà di innescare una profonda riflessione collettiva per ri-metterlo in comunicazione con una società in rapido mutamento, pur mantenendo legami con l’anarchismo classico.
Nelle nostre intenzioni, tutte le storie di cui trattiamo non sono chiuse, ma continuano a parlarci e a insegnarci, in un modo o nell’altro, qualcosa sul nostro presente. E ciò è tanto più importante quanto più il presente appare incerto, indecifrabile o ostile. Per continuare a immaginare (e possibilmente a praticare) l’alternativa, queste forme di vita – e di pensiero – sono una risorsa imprescindibile.