Salta al contenuto principale
  • Home
  • Contattaci
  • Sostienici
  • 5 x mille

Form di ricerca

  • IT
  • FR
  • EN
  • ES
  • PT
  • DE
  • 文
  • EL
  • 日本語

Pinelli una storia Venezia 1984 Crocenera anarchica

Home Centro studi libertari - Archivio G. Pinelli

Visto che non viviamo più i tempi della rivoluzione, impariamo a vivere almeno il tempo della rivolta - Albert Camus

  • Home
  • Contattaci
  • Sostienici
  • 5 x mille
  • Chi siamo
    • Il CSL - Informazioni pratiche
    • Storia del CSL
    • Giuseppe Pinelli
    • Metodologia – Storia dal basso
  • Navigazione
    • Eventi - Iniziative
    • Bollettino
    • Fondi archivistici
    • eArchive - Progetti digitali
    • Ricerche e temi
    • Persone
    • Focus - Approfondimenti
    • Gallery - Video - Percorsi visuali
    • Edizioni e pubblicazioni
  • Risorse per la ricerca
    • Catalogo della biblioteca
    • Fondi archivistici
    • Catalogo ReBAL
    • Risorse FICEDL
    • Periodici
  • Novità e materiali
    • Novità e annunci
    • Chicche e documenti d'archivio
    • Tutti i materiali

He Zhen e l'anarco-femminismo in Cina

Ricerca "Anarchia e femminismo"

Testo originariamente pubblicato in “The Journal of Asian Studies” 47, n. 4 (novembre 1988), pagine 796-813.

Peter Zarrow è docente presso il dipartimento di Storia dell'Università del Connecticut. Durante la sua carriera universitaria ha lavorato come reporter giornalistico a Willimantic e nel settore, al tempo pionieristico, dell'editoria informatica a San Francisco e a New York. Nel 1987 si è laureato in storia cinese alla Columbia University (il presente articolo si basa in parte sul suo lavoro di tesi). Ha insegnato alla Vanderbilt University e all'Università del New South Wales (Sydney, Australia) e tra il 2001 e il 2013 è stato ricercatore e vicedirettore dell'Istituto di storia moderna dell'Academia Sinica (Taipei, Taiwan). Oltre a proseguire le sue ricerche sul pensiero e sulla cultura cinese moderna, Peter Zarrow sta esplorando la tematica del patrimonio culturale nazionale in Cina e Giappone, concentrandosi sulla Città Proibita e sul Santuario Meiji. Sta inoltre collaborando con Thomas Fröhlich dell'Università di Amburgo a un progetto sui testi chiave del pensiero politico cinese moderno.


He Zhen e l'anarco-femminismo in Cina
di Peter Zarrow

Gli articoli scritti dagli anarchici su piccole riviste studentesche negli anni precedenti alla Rivoluzione del 1911 hanno dato un contributo significativo al femminismo cinese. Mettevano in relazione il femminismo al loro appello per una completa rivoluzione sociale; si rendevano conto che l'oppressione delle donne in Cina era legata alla moderna divisione in classi e allo sfruttamento economico, oltre che alla cultura tradizionale. Discutevano del collegamento tra femminismo, diritti individuali e libertà politiche. In particolare, He Zhen scindeva il femminismo dal nazionalismo, proclamando la "liberazione delle donne" non "per il bene della nazione", ma come imperativo morale.

Fino al 1907, la quasi totalità del femminismo cinese era di matrice nazionalista. Il femminismo cinese moderno era in effetti nato nel contesto della lotta per l'indipendenza nazionale. Fin dai primi anni Novanta dell’Ottocento, le femministe avevano sottolineato come una cittadinanza femminile libera e paritaria fosse necessaria affinché la Cina raggiungesse una vera sovranità nazionale.

Il messaggio di questo femminismo poteva considerarsi radicale per l’epoca: le istanze femministe includevano la fine della pratica della fasciatura e deformazione artificiale dei piedi, e il diritto all'istruzione moderna. Ma la forma di questo femminismo era confinata all’idea della Cina-come-nazione: i cambiamenti erano in ultima analisi necessari non per il bene delle donne cinesi, ma per la prosperità e la forza della nazione.

I movimenti femministi nelle nazioni in via di modernizzazione sembrano attraversare fasi simili. In Russia, negli anni Cinquanta dell'Ottocento nacque un femminismo riformista ed elitario, che fu presto messo in discussione sia da una "risposta nichilista", che estendeva la "questione femminile" all'emancipazione personale e all'uguaglianza sessuale, sia da una "risposta radicale", che enfatizzava l'azione politica coordinata (Stites 1978:64-154). Allo stesso modo, in Giappone, negli anni Settanta dell'Ottocento, le donne vennero alla ribalta nel dibattito pubblico come "brave mogli, sagge madri", nutrici della nazione. Durante il movimento per i diritti del popolo, le donne giapponesi rivendicarono un ruolo pubblico e chiesero al governo leggi sul divorzio, accesso a un'istruzione moderna e il diritto di voto in virtù del "diritto naturale, della libertà e dell’uguaglianza" (Sievers 1983:10-53). Perfino gli Stati Uniti attraversarono una fase in cui la donna era rappresentata come madre nazionale (Kerber 1987).

In Cina il femminismo si collegò alle istanze rivoluzionarie in una fase precoce (anche se più tardi, in termini temporali, rispetto a Russia o Giappone), quando il movimento anti-Manciù prese forza dopo il 1902. Tuttavia, era ancora inserito all'interno del discorso sulla nazione e veniva dunque considerato di secondaria importanza. L'anarco-femminismo era libero da questi limiti, ma era comunque legato a un contesto politico più ampio. Gli anarchici non parlavano tanto dei diritti delle donne come variabile indipendente, quanto di come la liberazione di un elemento oppresso nella società dipendesse dalla liberazione di tutti. Dunque, la posizione anarchica sulla questione della donna contribuì a liberare il femminismo cinese dalle istanze della causa nazionalista, mentre la causa delle donne rimase indissolubilmente connessa alla più ampia liberazione della società nel suo insieme, piuttosto che essere considerata un obiettivo separato e raggiungibile in modo autonomo. In maniera simile, il femminismo nella Cina contemporanea si è venuto a trovare in una relazione ambigua con gli obiettivi più ampi dello stato socialista.

Per prima cosa, in questo testo fornirò una sinossi storica del movimento delle donne fino al 1907, quando nacque l'anarchismo cinese. Poi esporrò le idee degli anarchici sul rapporto tra economia e oppressione della donna, sul ruolo della tradizione cinese e sui problemi della sessualità e della famiglia. Infine, sottolineerò brevemente l’importanza della "liberazione" della donna per la teoria anarchica della rivoluzione.

 

Il contesto storico: il tardo femminismo Qing

Il femminismo moderno si sviluppò in Cina in relazione con il movimento riformista della metà degli anni Novanta dell’Ottocento. Un numero crescente di femministe e femministi, donne e uomini che abitavano le città del litorale, in particolare Shanghai, trovavano sempre più intollerabile la condizione delle donne cinesi e i modi in cui questo stato di cose stava frenando il progresso nazionale. Tradizionalmente, affermavano le nuove femministe, la Cina era apertamente dominata dagli uomini e dal patriarcato. In epoca tardoimperiale, le donne dovevano quasi sempre sottostare alla fasciatura dei piedi in giovane età; la loro indipendenza giuridica era precaria; ci si aspettava che rimanessero "caste" (le vedove, almeno nelle classi superiori, erano tenute a non risposarsi), mentre gli uomini erano notevolmente più liberi. Inoltre, erano soggette dalla società alle "tre obbedienze": sottomesse a turno al padre, al marito e al figlio. Anche se alcune donne riuscivano a emanciparsi da questo sistema, la posizione di inferiorità della donna era comunque data per scontata. Sebbene in epoche precedenti letterati e intellettuali avessero occasionalmente espresso preoccupazione per la condizione della donna nella famiglia, per il fenomeno del suicidio femminile, per la fasciatura dei piedi e le limitazioni all'istruzione, solo negli anni del declino della dinastia Qing si affermò una seria sfida alle norme sociali e culturali del predominio maschile che vedeva il coinvolgimento diretto delle donne stesse[1]. Tuttavia, l’impeto del movimento rimase sostanzialmente di matrice nazionalista; le tesi femministe in ultima analisi non si basavano sulla giustizia o sui diritti naturali, ma sulla necessità della Cina di includere le proprie donne per "la salvezza della nazione" (jiuguo).

Il riformatore Kang Youwei fondò un’associazione contro la fasciatura dei piedi nel 1892. Alla fine del decennio, associazioni simili potevano contare su decine di migliaia di aderenti; gli uomini promettevano che i loro figli avrebbero sposato solo donne con piedi naturali. Le donne erano incaricate del compito di generare e crescere la gioventù della nazione e non potevano essere né mutilate né ignoranti. Il discepolo di Kang, Liang Qichao, nel suo Bianfa tongyi (Discussione generale sulle riforme), pubblicato a puntate nel 1896-1897, incluse una sezione sull'istruzione femminile (Lun nüxue) dove la questione veniva inserita nel contesto dell'urgente necessità da parte della Cina di rendere le sue donne membri produttivi della società. Liang metteva in relazione lo stato di dipendenza con l’inattività, un tema ripreso in seguito dagli anarchici. Sosteneva che le nazioni erano prospere quando ognuno disponeva di un impiego che gli permetteva di essere autosufficiente.
 

Ma se questo non si può realizzare, allora il numero di disoccupati può essere preso come un rapporto inverso alla forza [della nazione]. Perché? Perché i disoccupati devono dipendere dagli impiegati per il loro sostegno. Senza tale sostegno, i disoccupati sono a rischio. Con questo sostegno, gli impiegati sono a rischio.
Come si può rafforzare la nazione? Se il popolo si arricchisce, il paese si rafforzerà. Come si può far arricchire il popolo? Rendendo tutti autosufficienti e non affidandosi ai pochi per sostenere i molti.

(Liang 1 926: juan 2:14b-15a)


Sebbene la causa fosse da ricercare nel monopolio dell'occupazione da parte degli uomini, la colpa di frenare la Cina ricadeva sulle donne. Le donne erano trattate come "bestie e schiave" proprio perché dipendevano dagli uomini, ma gli uomini soffrivano del peso di dover mantenere i familiari a carico. Liang sottolineava che le donne erano indolenti e disprezzate, mentre gli uomini lavoravano e venivano onorati. La cura per tutti questi problemi risiedeva nell'istruzione delle donne, che alla fine avrebbe rafforzato la Cina.


Foto di gruppo delle studentesse della Scuola delle ragazze patriottiche di Shangai nel 1916, nel periodo della Cina repubblicana, successivo alla rivoluzione del 1911. [fonte]


Le istanze nazionaliste continuavano a permanere, anche tra le leader femminili, nei primi anni del ventesimo secolo. A Shanghai, dove la critica ai Manciù per il loro fallimento nel proteggere la sovranità della Cina si faceva più aspra, vennero fondate diverse riviste femminili tra il 1902 e il 1911, e alle fila delle scuole per donne gestite dai missionari – e di altro tipo – si aggiunse per un breve periodo la rivoluzionaria Scuola delle ragazze patriottiche (Aiguon nü xuexiao). Lì, Cai Yuanpei (1868-1940; futuro rettore dell'Università di Pechino) insegnò la storia della Rivoluzione francese e affermò che le donne erano particolarmente adatte ad essere impiegate come assassine. Qiu Jin, morta come martire della rivoluzione nel 1907, sembra aver iniziato a temperare la retorica nazionalista con una preoccupazione più ampia per la giustizia e l'uguaglianza con gli uomini durante il suo soggiorno a Tokyo (1904-1905). Tuttavia, si identificava chiaramente come una patriota, innanzitutto (Zhang e Wang 1978, 2B:844). Sul fronte conservatore, alcuni chiedevano che l'istruzione delle donne promuovesse le virtù tradizionali (Bao 1979a:289). Tuttavia, la tendenza era quella di parlare della promessa dei diritti delle donne e di contrapporre un futuro di giustizia alla realtà delle loro attuali sofferenze, inserendo il tutto nel contesto più ampio della necessità della Cina di utilizzare le capacità delle sue donne per evitare la catastrofe. Le rivoluzionarie femministe cinesi hanno spesso evidenziato come i ripetuti appelli dei loro compagni maschi affinché i "quattrocento milioni" della Cina si svegliassero, fossero privi di significato senza un'attenzione speciale ai suoi "duecento milioni" più arretrati.

Nel 1904 Jin Yi, definendosi una "amante della libertà", pubblicò una traduzione di Kinsei museifushugi (Anarchismo moderno) di Kemuriyama Sentarō, che ebbe in seguito una certa popolarità con il titolo di Ziyou xue (Sangue della libertà; Bernal 1968:117; Bao 1979a:276-81). ("Jin Yi" era probabilmente Jin Tianhe, che aveva collaborato con la Scuola delle ragazze patriottiche e aveva aiutato Zou Rong a pubblicare il suo famigerato attacco ai Manciù, Esercito rivoluzionario). Nel 1903 Jin aveva pubblicato “Nüjie zhong” (“La campana delle donne”) a Shanghai. La sua concezione dei diritti delle donne era votata all’intransigenza. Condannava aspramente i torti fatti alle donne cinesi, come la fasciatura dei piedi, criticava le superstizioni e esortava a una buona condotta in questa vita, incoraggiando inoltre le donne ad adottare uno stile di vita più semplice e sobrio, abbandonando i gioielli e il vestiario elegante (che richiedeva considerevoli tempi di vestizione). Forse di maggior interesse per noi, chiedeva inoltre il riconoscimento del diritto delle donne all'istruzione, all’impresa, alla proprietà, al matrimonio libero, all'amicizia e all'impegno politico. Sebbene esista la possibilità che Jin provasse curiosità per le idee anarchiche, le istanze portate avanti da “La campana delle donne” si focalizzavano su un cambiamento a livello politico e concepivano ancora il femminismo come solo una parte del più ampio contesto nazionalista.
 

Sin dai tempi antichi l'estinzione delle razze e la distruzione delle nazioni sono state autoinflitte, non causate da estranei. Fumando oppio e fasciando i piedi, uomini e donne cinesi, ognuno a modo suo, stanno diventando sempre più simili ad animali selvatici e fantasmi e presto perderanno di propria mano il loro spirito e interromperanno la successione ancestrale.

(Chen 1967:330-31)


Nel 1904 la rivista “Jiangsu” giungeva ad invocare una “rivoluzione famigliare”, sebbene l’autore, seguendo un filo logico che non ci suonerà nuovo, arrivi poi alla conclusione che la rivoluzione famigliare avrebbe salvato sia la sovranità nazionale della Cina, sia il popolo cinese (Zhang e Wang 1978, lB:833-37). “Nuzi shijie” (“Il mondo delle donne”), una testata pubblicata a Shanghai tra il 1904 e il 1906, sosteneva che le donne possedevano sia “diritti naturali” sia la capacità di partecipare alla lotta darwiniana per la sopravvivenza. “Così, nelle nazioni civili uomini e donne hanno pari valore, l’istruzione avanza in maniera costante, e la nazione si rafforza di giorno in giorno” (Zhang e Wang 1978, 1B:922). Dopotutto, le donne erano chiaramente “le madri della cittadinanza” (Zhang e Wang 1978, IB:929-32). Il linguaggio di Liang Qichao veniva ancora adoperato a quasi un decennio di distanza: le donne cinesi erano – ahinoi – dipendenti e quindi, senza alcuna colpa propria, continuavano a essere consumatrici inattive anziché produttrici.


A sinistra: copertina del primo numero di “Nuzi shijie” (“Il mondo delle donne”); a destra: incipit del saggio inaugurale della rivista, a firma Jin Yi. Shangai, 17 gennaio 1904.[fonte]


Nel 1906 circa settanta cinesi organizzarono a Tokyo l'Associazione delle studentesse in Giappone (Liu-Ri nüxuesheng hui) sotto la guida, tra le altre, di Yan Wu (n. 1869), e durante la prima metà del 1907 pubblicarono sei numeri di “Zhongguo xinnüjie zazhi” (“Il mondo delle nuove donne cinesi”; Li 1981:205—41). Questo gruppo era considerevolmente meno radicale del gruppo anarcofemminista organizzato a metà del 1907, ma condivideva una serie di istanze con gli anarchici. Con il suo secondo numero, “Il mondo delle nuove donne cinesi” proclamava la sua fedeltà alle nuove teorie sulla donna e alla "nuova civiltà" (xin wenming); alla morale, all'istruzione e alla distruzione dell'ignoranza tradizionalista; e alla costruzione della nuova società. Tuttavia questo approccio si poteva considerare, se non propriamente moderato, almeno gradualista. L'istruzione rimaneva la chiave: non istruzione intesa come propaganda rivoluzionaria o legata a un'analisi della società in una prospettiva radicale, ma piuttosto come scuole per la semplice alfabetizzazione e per insegnare competenze e abilità più avanzate; un'istruzione simile a quella cui avevano accesso gli uomini, piuttosto che l’educazione moderna per entrambi i sessi promossa dagli anarchici.

In una certa misura, l’utilizzo della retorica nazionalista poteva anche definirsi strumentale, un utile mezzo per promuovere obiettivi quali i diritti economici, l'indipendenza dalla famiglia e i diritti politici; ovvero, per promuovere la completa uguaglianza con gli uomini. Durante l’apice della corsa imperiale alle concessioni verificatasi all'inizio del ventesimo secolo, la tesi secondo cui la Cina aveva bisogno del sostegno delle sue donne, alle quali andava dunque tolto il giogo, avrebbe potuto fare presa su uomini per altri versi conservatori.

La dura critica delle femministe nazionaliste al vecchio ordine potrebbe aver reso l'analisi anarchica meno scioccante di quanto avrebbe potuto apparire altrimenti. Ma la "nuova morale" di una "cittadinanza femminile" illuminata non arrivava fino a sostenere, come avrebbe invece fatto la morale anarchica, una rivoluzione famigliare radicale o una rivoluzione contro i "tre vincoli" (sovrano-suddito, genitore-figlio, marito-moglie) del confucianesimo. Se le femministe "mainstream" si stavano radicalizzando, non erano ancora in grado di dirimere le tensioni tra le istanze del nazionalismo e del femminismo.

Una distinta corrente di anarcofemminismo emerse dal movimento anarchico cinese all'interno di due gruppi di esuli tra il 1906 e il 1911. Si trattava di intellettuali la cui critica della società cinese ruotava sulla dicotomia tra oppressione e libertà, e le cui rivendicazioni includevano l'uguaglianza per le donne. He Zhen, moglie di Liu Shipei, evidenziava in particolare la centralità della liberazione delle donne in ogni vera rivoluzione[2]. Insieme a Liu e a Zhang Ji, rivoluzionario di vecchia data, nel 1907 fondò a Tokyo “Tianyi bao” (“Giornale di giustizia naturale”). “Giustizia naturale” dava spazio al femminismo tanto quanto all'anarchismo e fu la principale rivista femminista della Cina durante l’anno e mezzo in cui venne pubblicato. Anche la testata anarchica “Xin shiji” (“Nuovo secolo”) a Parigi dedicava una certa attenzione al tema dell'uguaglianza delle donne e alla "rivoluzione della famiglia".

Gli anarchici formarono una sorta di corrente di sinistra influente all'interno del movimento rivoluzionario cinese; criticavano il militarismo e il nazionalismo, facevano previsioni sulla rivoluzione mondiale nel vicino futuro, diffondevano sia il pensiero di Kropotkin sia di Marx, promuovevano la scienza e condannavano la superstizione e la morale tradizionale. Molte delle loro opinioni prefiguravano l'iconoclastia culturale dell'era del Quattro Maggio (1919) e invocavano una rivoluzione sociale e politica, che includesse sia i lavoratori sia i contadini. Chiedevano la fine assoluta dei sistemi sociali gerarchici, persino della più fondamentale istituzione cinese, la famiglia. I loro scritti più importanti apparvero nel 1907 e nel 1908.

La Tokyo in cui He Zhen e Liu Shipei fuggirono nel 1907 (nei guai a causa delle diatribe anti-Manciù di Liu) era un luogo vivace in cui si muovevano circa ottomila studenti ed esuli cinesi concentrati nel distretto di Kanda. Gli studenti erano spesso accompagnati da figlie e mogli, e si possono trovare almeno un centinaio di donne formalmente iscritte alle scuole giapponesi (Sanetō 1970:78). Liu entrò presto in contatto con il celebre anarchico giapponese Kōtoku Shūsui. Scrisse anche per “Minbao” (“Giornale del popolo”), organo del Tongmenghui (Alleanza rivoluzionaria), attività che costituiva probabilmente il principale reddito famigliare. He Zhen organizzò presto la Nüzi Fuquan Hui (Associazione per il recupero dei diritti delle donne). Questi piccoli gruppi costituivano sostanzialmente il nucleo del pubblico anarcofemminista.

Tra gli scopi dell’Associazione per il recupero dei diritti delle donne vi era la soppressione forzata del privilegio maschile e il praticare “interferenza” con le donne che si sottomettevano all'oppressione. Era necessario resistere alla società, alla classe dirigente e ai capitalisti. Lo statuto dell'associazione proibiva di sostenere entità governative, di sottomettersi agli uomini e di diventare concubine o seconde mogli (Hirano 1966:3—4). La sezione sul comportamento, fortemente influenzata dalla morale tradizionale, richiedeva che le aderenti perseverassero attraverso le difficoltà, affrontassero i pericoli, possedessero senso del pudore, rispettassero la comunità in senso ampio (guigong) e si disciplinassero in maniera autonoma (zhengshen). Tra i servizi verso i propri membri, l'associazione avrebbe aiutato qualsiasi aderente oppressa dal marito o che tentasse di resistere in qualsiasi modo al predominio maschile.

Non sappiamo molto su questa associazione o sulla vita di He Zhen. Originariamente chiamata He Ban, nacque in una famiglia con ogni evidenza benestante di Jiangsu. Anche la patria ancestrale di Liu era nel Jiangsu e la sorella di He era sposata con il fratello di Liu, secondo accordi che venivano stretti abbastanza comunemente tra le famiglie. Sicuramente aveva avuto modo di accedere a un'istruzione di notevole livello, mostrando nei suoi trattati femministi una certa conoscenza dei classici e una vasta familiarità con la letteratura tradizionale cinese. Sposò Liu nel 1903 ed egli la portò a Shanghai, dove prese a dedicarsi a cause radicali mentre lei continuò gli studi presso la Scuola delle donne patriottiche (Cai 1936). A Tokyo adottò il nome proprio Zhen (rombo di tuono). Si vociferava anche che avesse avuto una tresca con "il Byron cinese", Su Manshu (Zhou 1970:481). Cai Yuanpei (1936: lb) ha dato a He Zhen la colpa del tradimento della rivoluzione da parte di Liu, mentre Feng Ziyou (1965, 2:232) ha affermato che i Manciù la corruppero per incitare Liu a lasciare il Tongmenghui. Tuttavia, queste opinioni ci danno molto più conto di come era percepita la figura di He Zhen da parte degli uomini di quanto non facciano luce su fatti storici; nessuno dei due uomini si trovava infatti a Tokyo all’epoca dei fatti. La particolare concezione dell’anarchismo seguita da Liu potrebbe averlo portato a sostenere il permissivo governo Manciù con la stessa facilità con cui aveva sostenuto i rivoluzionari con i loro sogni di potere nazionale, impantanati allo stesso tempo in una squallida realtà di lotte intestine. Liu è spesso raffigurato come soggiogato dalla moglie (Liu Xinhuang 1978:204—9), eppure risulta evidente come He Zhen sia rimasta in seguito dalla sua morte (Liu Fuzeng 1936:2b).


Qiu Jin (1875-1907), figura influente del femminismo cinese, afferente alla corrente nazionalista, condannata a morte in seguito al fallimento di un tentativo insurrezionale contro la dinastia Qing nel 1907. [fonte]


 

Donne: dipendenza e lavoro

He Zhen sosteneva che le donne avrebbero dovuto liberarsi da sole; nessuno avrebbe concesso loro i diritti. Perciò, adottava spesso una posizione critica e di ammonimento nei confronti delle sue compagne. Ma le emozioni che la spingevano erano pietà e indignazione. Si può trovare una sintesi dell’idealismo di He Zhen nell’opera "Le donne dovrebbero conoscere il comunismo", un breve ma potente esempio di catechismo vernacolare rivoluzionario. "Qual è la cosa più importante al mondo?", inizia. "È mangiare. Perché voi donne permettete che le persone vi maltrattino? Perché dipendete dagli altri per mangiare" (TYB, 229). Seguendo il modello della condizione di dipendenza, esposto da Liang Qichao, He Zhen trovava però cause diverse all'opera: non tanto il predominio maschile, quanto la distribuzione diseguale della ricchezza. O, per dirla in un altro modo, il predominio maschile operava attraverso la distribuzione diseguale della ricchezza, portando alla formazione di relazioni di dominio, di dipendente e padrone.

He Zhen individuava tre gruppi di donne particolarmente svantaggiate: domestiche, operaie e prostitute. Le domestiche erano costantemente terrorizzate dai loro datori di lavoro, picchiate, insultate e costrette a lavorare giorno e notte. Non erano nemmeno in grado di immaginare una forma di resistenza. "Per quale motivo ciò avviene? È perché il padrone ha i soldi e io dipendo da lui per mangiare". Le operaie affollavano le fabbriche tessili di Shanghai. Anche loro avevano lunghi turni di lavoro, nessuna libertà e diventavano cieche e gobbe. " Per quale motivo ciò avviene? È perché i proprietari delle fabbriche hanno i soldi e io dipendo da loro per mangiare". Infine, le prostitute erano "picchiate dalle teste di tartaruga[3]",  chiamate puttane e disprezzate. A Shanghai, le "galline selvatiche" battevano le strade per buona parte della notte, con il vento e con la neve, in attesa di clienti. "Per quale motivo ciò avviene? È perché le persone con soldi mi prendono e mi comprano, e io dipendo da questo tipo di attività per mangiare" (TYB, 229).

Oltre alle donne lavoratrici, He Zhen riteneva che anche mogli e concubine subissero maltrattamenti, con la medesima motivazione: dipendevano dagli uomini per mangiare. He Zhen notava che alle vedove era formalmente proibito risposarsi. Ma mentre pochissime vedove ricche morivano difendendo la loro virtù in questo modo, molte donne povere erano destinate a perire se non avevano figli a sostenerle. Anche nei casi in cui non rischiavano la fame, le loro vite erano talmente miserabili da far loro desiderare la morte. Anche le contadine che dovevano lavorare nei campi e allevare bachi da seta soffrivano molto. E, affermava He Zhen, il matrimonio significava semplicemente che le donne non potevano protestare anche quando i loro mariti le picchiavano senza motivo. Le donne si sposavano "non per l'aspetto dell'uomo, ma per l'aspetto di una ciotola di riso". Tuttavia, He Zhen affermava:
 

Donne, non odiate l'uomo: odiate il fatto di non avere cibo da mangiare. Perché non avete cibo da mangiare? Perché non potete comprare cibo senza soldi. Perché non avete soldi? Perché i ricchi hanno usurpato le nostre proprietà e calpestano la maggioranza delle persone. I poveri non hanno nemmeno cibo... [Ma] alcuni non devono preoccuparsi di rimanere senza cibo. Perché dovete preoccuparvi della fame ogni giorno? I poveri sono persone e i ricchi sono persone. Rifletteteci sopra; questa situazione dovrebbe scuotervi.

(TYB, 230)


Passando all'economia moderna, He Zhen criticava la tesi secondo cui le donne potevano rendersi indipendenti apprendendo un mestiere. Secondo questa idea, la classe media avrebbe mandato le figlie a scuola per una formazione accademica e professionale e, dopo il matrimonio, queste donne avrebbero potuto diventare insegnanti. Non avrebbero dovuto dipendere dagli uomini per il loro sostentamento. E le famiglie povere avrebbero potuto mandare le loro figlie a lavorare nelle fabbriche, senza temere che diventassero serve o prostitute. He Zhen pensava che questa tesi, nella migliore delle ipotesi, non fosse sufficientemente radicale, perché era necessario parecchio denaro per fondare una scuola o aprire una fabbrica; le donne avrebbero finito per dipendere dai direttori della scuola o dai proprietari della fabbrica per il loro sostentamento. E "finché dipenderanno dagli altri per il cibo, non avranno assolutamente alcuna libertà [ziyou]". Queste donne erano prive di indipendenza, condizione che non sarebbe cambiata dopo aver appreso alcune competenze lavorative, data l’esistente struttura economica della società. Non potevano che rimanere inermi di fronte a situazioni come la chiusura di fabbriche o scuole, al licenziamento perché qualcuno non andavano a genio a qualcuno, o perché non risultavano più utili. "Quindi, la questione del dipendere da altri per il cibo è estremamente pericolosa". Ma He Zhen aveva una soluzione:
 

Non dipendere dagli altri. Ci sarà cibo in modo naturale. Di che soluzione si tratta? Praticare il comunismo (gongchan). Pensa ai vari oggetti che ci sono nel mondo. Non sono stati creati dal cielo, ma da singole persone. Perché le persone con soldi possono comprarli ma le persone senza soldi non possono? Perché il mondo usa i soldi; perché quando le persone comprano qualcosa, la trasformano in una loro proprietà privata. Tutte le donne sanno che niente è più malvagio del denaro. Unitevi tutti al medesimo ideale! Unitevi agli uomini e rovesciate completamente le classi superiori e i ricchi! Allora il denaro sarà abolito. Niente sarà più considerato proprietà privata di un individuo. Tutti gli oggetti che vengono mangiati, indossati o usati, tutto, verranno messi da qualche parte in modo che chiunque abbia svolto un lavoro, uomini e donne, potrà prendere qualsiasi cosa e nella quantità necessaria. Sarà come raccogliere l'acqua dal mare: questo si chiama comunismo. In quel momento, non solo mangiare non richiederà di dipendere dagli altri, ma il cibo da mangiare sarà anche tutto cibo buono.

(TYB, 231-32)


Questa infiammata ingenuità rifletteva temi concreti di unità e rivoluzione e mostrava la consapevolezza di He Zhen della relazione che intercorreva tra genere e classe. Metteva saldamente in relazione la liberazione delle donne all’idea della rivoluzione, una riorganizzazione della società in termini politici, economici e di classe. La liberazione delle donne dipendeva dalla liberazione di tutti. L’oppressione a cui erano soggette le donne era in qualche modo unica – una metà della società che veniva esclusa solo in base al proprio genere – ma le modalità in cui veniva esercitata si potevano ritrovare altrove. Le radici dell'oppressione risiedevano in un sistema economico ingiusto e diseguale; la soluzione risiedeva nella dottrina dell'anarcocomunismo, basata sulla condivisione. He Zhen credeva chiaramente nel motto dell'anarchismo, "A ciascuno secondo i suoi bisogni". Considerata la condizione universale di inferiorità della donna nella società, He Zhen si concentrava su donne che si trovavano in specifiche posizioni all’interno di una specifica società classista. Dedicava la sua attenzione alle donne povere o alle donne povere e della classe media, ma non a quelle ricche. Che persino una donna ricca potesse essere oppressa dalla famiglia, dal marito, dalla fasciatura dei piedi e dai doveri era di minore importanza per He Zhen rispetto al fatto che le domestiche, le lavoratrici e le prostitute, tutti soggetti la cui posizione era determinata in parte dal loro genere, dovessero operare una continua scelta tra sottomissione e fame. D'altro canto, l'idea della dipendenza veniva applicata anche alle mogli e alle concubine, e alla stragrande maggioranza degli uomini.


Una studentessa emancipata attraversa a cavallo le strade di Liulichang sotto lo sguardo incuriosito degli astanti, in un'illustrazione pubblicata sul periodico "Xingqi huabao" ("Settimanale illustrato"), marzo 1907. L'equitazione rientrava tra le attvità tradizionalmente riservate agli uomini. [fonte]


Liu Shipei concordava sulla centralità dell'analisi economica. Ricercava le origini della disuguaglianza nella classe, nel lavoro e nel genere[4]. Così come gli sciamani primitivi si erano evoluti in un'aristocrazia e come la specializzazione professionale aveva prodotto lavoratori subordinati, le donne erano state similmente trasformate in proprietà privata con l'avvento delle società complesse. Con la guerra, ad esempio, le donne delle tribù sconfitte venivano ridotte a bottino.

Liu credeva che la disuguaglianza fosse il risultato dell'oppressione, non di una condizione naturale. Gli uomini avevano trasformato la poligamia in una specie di legge naturale solo dopo che le donne avevano perduto la loro libertà e indipendenza. Anche nelle culture monogame le donne erano considerate inferiori (ed era loro proibito partecipare alla vita politica e prendere parte dell'esercito). Il risultato di questi sviluppi innaturali sono stati dipendenza e servitù. Le donne, che dipendevano dai loro mariti, erano state rese schiave; i lavoratori, che dipendevano dai capitalisti, venivano similmente schiavizzati. Così anche il popolo dai suoi governanti. Nessuno poteva rivendicare l'uguaglianza. Liu definì "indipendenza" (duli) come l'opposto di dipendenza e servitù. Indipendenza, libertà e uguaglianza erano diritti umani fondamentali e "riteniamo che questi tre siano diritti naturali [tianfu]" (Zhang e Wang 1978, 2B:918).

He Zhen condannava il capitalismo occidentale per aver trasformato le donne in "strumenti per produrre ricchezza" (TYB, 75), e osservava che quel sistema si stava imponendo anche in Cina. Così come gli uomini erano stati tradizionalmente strumenti economici, anche le donne venivano ora intrappolate dal capitalismo. He Zhen attribuiva la tradizionale divisione sessuale del lavoro alla natura delle società preindustriali. Nel presente, tuttavia, vedeva come le macchine stessero allontanando le donne dall'artigianato domestico. In altre parole, prima che la tecnologia consentisse al capitalismo di diffondersi, le donne avevano un ruolo economico, se pure limitato all’ambito famigliare (come la tessitura). Più nello specifico, rilevava come l'inflazione, causata da beni non primari fabbricati in serie, stava costringendo le donne a entrare nel mercato del lavoro. He Zhen mostrava qui un certo sguardo nostalgico; nella sua visione, l'artigianato era stato un esempio di lavoro indipendente e di libero mercato. Le donne avevano avuto la possibilità di realizzare e vendere articoli come i vestiti, oppure potevano decidere di non farlo. Ma le fabbriche e i macchinari moderni avevano dato ai ricchi ancora più vantaggio sui poveri. Nessuna persona povera poteva ora dotarsi dell'attrezzatura per avviare una fabbrica. Nessuna donna povera poteva competere con i beni che le fabbriche producevano. Dovevano quindi andare a lavorare per i capitalisti.

He Zhen notava che le lavoratrici erano diventate un fenomeno comune nei paesi occidentali e in Giappone, e quando esaminava le condizioni di lavoro in quei paesi, trovava un numero crescente di donne costrette al lavoro in fabbrica. Se le lavoratrici si sposavano e avevano figli, il loro carico di lavoro risultava per lo meno raddoppiato. Peggio ancora, marito e moglie riuscivano a malapena a sopravvivere anche se lavoravano entrambi. Il minimo imprevisto economico poteva distruggere l’equilibrio domestico: "Il lavoro non solo danneggia le donne stesse, ma distruggerà la pace domestica" (TYB, 78). He Zhen non stava sostenendo qui che la posizione tradizionale della moglie fosse superiore – anche se in quel caso la donna si poteva trovare magari a sottostare a un padrone meno esigente –, ma intendeva piuttosto sottolineare che era nella natura del capitalismo presentare un’ingrata scelta tra servitù economica e fame. He Zhen non riteneva che il feudalesimo fosse superiore, solo che il capitalismo non portava speranze di miglioramento per la posizione di inferiorità della donna. I capitalisti:
 

Semplicemente costringono innumerevoli donne a vendere il proprio corpo... fanno lavorare altre persone per diventare ricchi. Poi costringono le persone alla povertà e usano persino la povertà per aumentare la propria ricchezza. Non è forse la stessa cosa che considerare i lavoratori come nient'altro che strumenti? Ahimè, le persone erano solite considerare le donne come giocattoli o oggetti di piacere; oggi, considerano le donne come strumenti. Considerare le donne come oggetti di piacere insultava solo i loro corpi; considerare le donne come strumenti insulta i loro corpi e ne esaurisce le forze. Davvero, i crimini dei capitalisti raggiungono il cielo.

(enfasi nell'originale; TYB, 78-79)

 

La relazione tra genere e classe poteva essere spezzata solo dalla rivoluzione. Allo stesso tempo, una forte componente culturale e storica alimentava l'oppressione delle donne.

 

Tradizione e Confucianesimo

L'anarchico Li Shizeng notava maggiori progressi in ambiti diversi dall'uguaglianza sessuale[5]. Egli attribuiva la colpa del predominio maschile al concetto di “autorità” (qiangquan), ma a differenza dell’autorità dei governanti sui governati e dei ricchi sui poveri, che avevano subito trasformazioni storiche, la posizione di predominio degli uomini sulle donne restava immutata. "Anche oggi, dove altri tipi di rivoluzione hanno portato dei progressi, la disuguaglianza tra i sessi rimane più lugubre che mai" (XSJ, 27). La ragione non risiedeva nella biologia ma nella superstizione (XSJ, 41—42). Fortunatamente, una volta compresa la verità, le persone avrebbero iniziato a combattere contro la "falsa morale", identificata da Li in quegli elementi del pensiero tradizionale che contraddicevano scienza e giustizia (kexue gongli). Egli contrapponeva scienza e superstizione in quattro questioni di genere. In primo luogo, mentre la scienza non trovava differenze fisiologiche tra i sessi (tranne che per gli organi genitali), la superstizione riduceva le donne a una posizione di inferiorità sulla base irrilevante del fatto che rimanevano incinte. In secondo luogo, la scienza non aveva problemi con il fatto che una donna avesse due mariti; la prole non avrebbe potuto subire “contaminazioni”. Ma la superstizione e la falsa morale dichiaravano che era una cosa sconveniente,
 

per proteggere la posizione di coloro che hanno autorità (uomini). Gli uomini considerano le donne come i loro oggetti di piacere e non vogliono che altri uomini possano prendere ciò di cui loro stessi godono. Né vogliono che i propri oggetti di piacere amino altri uomini. Così hanno inventato ogni tipo di regola per legare a sé le donne, solo a causa della loro natura improntata al monopolio e alla gelosia. Non solo, ma anche quando questi uomini muoiono, costringono ancora le loro mogli a restare vedove (senza risposarsi). Sebbene ciò non sia imposto dalla legge, fa comunque parte di usanze e abitudini e viene soprattutto imposto dalle superstizioni, come il ricevere onori imperiali o riconoscimenti dal tempio. In caso in cui un uomo non ami più sua moglie, ha il diritto di sbarazzarsene. Ci sono le "tre obbedienze" e le "sette cause di ripudio"; tutti i diritti sono dalla parte dell'uomo. Se all'uomo piacciono altre donne, può prendere seconde mogli e concubine. Alle donne non è concesso... Se un uomo può avere altre donne, una donna dovrebbe essere in grado di avere altri uomini. Questo sarebbe un primo passo verso la giustizia[6].

(XSJ 28)


Li non riteneva che nelle nazioni occidentali ci fosse una situazione molto migliore.

Egli sosteneva inoltre che secondo la scienza le donne erano pari agli uomini in quanto a capacità e abilità (nengli); le donne erano in grado di fare le stesse cose degli uomini nei campi, e in Europa potevano diventare insegnanti, dottori, eccetera. "Il fatto che oggi ci siano alcune che possono fare queste cose dimostra che non sono intrinsecamente prive della capacità di farle, ma che è loro impedito". Li riteneva che l'egemonia maschile limitasse le donne in due modi: pretendendo che "non dovessero" fare determinate cose (i divieti della falsa morale) e dichiarando che "non potessero" farne altre ancora (XSJ, 18).

"Quindi, le donne sono diseguali rispetto agli uomini puramente a causa delle tecniche impiegate dagli oppressori (qiangzhe) e non a causa della natura" (XSJ, 29). Il problema dell'oppressione era radicato negli atteggiamenti culturali. Li attaccava la nozione confuciana di gerarchia, collegando le tecniche egemoniche all’affermazione di Confucio: "Solo le donne e le persone piccole sono difficili da gestire" (XSJ, 29)[7]. Ma se si abbattono la "superstizione" e l'autoritarismo, ne scaturirà la rivoluzione. Da un lato, Li pensava che il cambiamento sociale sarebbe avvenuto tramite l'evoluzione naturale; dall'altro prediceva una "rivoluzione della famiglia", parte essa stessa di questo percorso evolutivo. In un caso o nell’altro, tuttavia, non arrivò mai a esortare le donne a prendere direttamente parte alla lotta per la propria liberazione. Concludendo con una nota più dimessa, Li consigliava ai giovani in cerca di indipendenza di fare appello ai ricordi di gioventù dei propri genitori (XSJ, 42).


Da sinistra: Wu Zhihui, Zhang Jingzhang, e Li Shizeng, tra i fondatori del movimento anarchico cinese e animatori a Pairigi della rivista anarchica "Xin shiji" (“Nuovo Secolo”). [fonte]


Gli anarchici cinesi a Parigi e Tokyo si scambiavano abitualmente copie delle proprie pubblicazioni, e He Zhen si trovava sostanzialmente d'accordo con Li sulle cause dell’oppressione delle donne: per diverse migliaia di anni la tradizione cinese aveva trattato le donne come schiave e le aveva costrette alla sottomissione (Zhang e Wang 1978, 2B:95 9-68). Quindi, sosteneva He Zhen, gli uomini concepivano la donna come una proprietà privata a cui doveva essere proibito di amare altri uomini, e avevano stabilito un sistema politico e di insegnamenti morali (zhengjiao) che enfatizzava i tabù (fang) e la differenziazione (bie) tra uomini e donne. Le donne erano costrette a vivere relegate negli alloggi femminili; i confuciani definivano la "differenziazione" come l'ideale per cui le donne sposate non avrebbero dovuto avere "preoccupazioni esterne". Di conseguenza, proseguiva He, le donne diventavano responsabili dell'educazione dei figli e della gestione della casa. La religione cinese attribuiva valore all'avere figli, in quanto atto di propagazione della specie tramite cui i discendenti potevano preservare lo spirito degli antenati. L'ordine politico trattava figli e nipoti alla stregua di proprietà, e nell'opinione popolare la fertilità era equiparata alla ricchezza. Così, gli uomini alla fine avevano ridotto le donne a qualcosa di finalizzato ad alimentare la specie (renzhong yangcheng). Secondo la tradizione,
 

le donne hanno doveri ma non diritti... Gestire diligentemente le faccende domestiche non è qualcosa che gli uomini possono fare, ma hanno dato alle donne le responsabilità di questo servizio. Hanno anche paura che le donne interferiscano nei loro affari e così hanno abrogato i diritti naturali (tianfu zhi quan) delle donne con la teoria che le donne non hanno nulla da fare fuori casa. Sulla base della prima teoria [che le donne non hanno diritti] gli uomini si permettono di vivere nell'ozio mentre fanno lavorare le donne. Sulla base della seconda teoria [che le donne non hanno affari fuori casa] gli uomini cercano di rendersi saggi mentre condannano le donne all'ignoranza... Il diritto delle donne di lasciare [i loro mariti] è nelle mani degli uomini... I mariti possono divorziare dalle loro mogli, ma le mogli non possono divorziare dai loro mariti.

(enfasi nell'originale; TYB, 16-17)


Qui si palesa l’accesso di He Zhen alla cultura d'élite. Riteneva che gli uomini avessero monopolizzato l’accesso all’istruzione nel corso della storia cinese, e quindi le grandi opere di tutte le epoche insultavano le donne. "Le persone astute hanno usato queste dottrine per avvantaggiarsi, mentre gli stupidi ci credevano come credevano alle superstizioni. Non si può dire quante delle nostre donne siano morte a causa loro. Quindi, tutto l'apprendimento del confucianesimo è apprendimento dell'omicidio" (TYB, 8). I confuciani Song arrivarono al punto di dire che morire di fame era di secondaria importanza rispetto alla perdita della castità, vista come eventualità terribile. "Le parole 'virtuoso' e 'puro' erano sufficienti per uccidere" (TYB, 15). Tuttavia He Zhen si rivolgeva qui a tutte le donne, non solo all'élite. La biologia riproduttiva femminile era un fattore, ma i principali meccanismi della loro oppressione erano culturali. Le donne cinesi avevano interiorizzato i valori patriarcali.

Tuttavia, sebbene He Zhen non sia stata del tutto coerente su questo punto, i valori morali probabilmente rimasero per lei una considerazione secondaria. L'oppressione poteva essere imposta attraverso la cultura, ma rimaneva radicata economicamente. Anche le donne dell'élite erano tenute al lavoro domestico mentre i loro mariti andavano a prostitute.

 

Sessualità e famiglia

Si può constatare come per He Zhen sia stato più semplice elaborare un’analisi critica della società cinese e della cultura tradizionale piuttosto che della sessualità. Auspicava il raggiungimento della completa libertà per le donne, anche nei rapporti sessuali, e di uguaglianza tra uomini e donne; allo stesso tempo, si dimostrava però diffidente nei confronti delle istanze contemporanee di libertà sessuale. Da un lato, il femminismo minacciava l'intero sistema di classe e presagiva una rivoluzione sociale. Dall’altro, non era affatto chiaro quale fosse il contegno morale individuale a cui attenersi durante la lotta e nel mondo a venire.

He Zhen era a tratti molto critica nei confronti del suo stesso genere. Il tradizionale isolamento delle donne, almeno nelle classi medie e superiori, aveva portato a superficialità, pigrizia e "comportamenti lascivi" (yin; Zhang e Wang 1978, 2B:959—68; TYB, 125—34). Finché i genitori ricorrevano alla pratica del matrimonio combinato, molte donne non avrebbero mai trovato la felicità e alcune sarebbero state persino spinte ad assassinare il marito e i figli.
 

Ciò dimostra che la pratica di isolare le donne non fermerà mai il loro impulso sessuale (yin)... Coloro che inorridiscono di fronte alla liberazione delle donne e pensano che dopo la liberazione le donne si comporteranno in maniera più sfrontata, pongono loro restrizioni sempre più stringenti. Così l'idea di porre restrizioni alle donne cresce ogni giorno, ma è quando manca la speranza di liberazione che sorge la sfrontatezza... la sfrontatezza nasce dall'isolamento, non dalla liberazione.

(Zhang e Wang 1978, 2B:961)


Ma questa chiamata alla liberazione era temperata da un avvertimento. Le donne di oggi "sono ubriache di libertà e uguaglianza e non accettano alcuna restrizione" (Zhang e Wang 1978, 2B:964). He Zhen criticava le donne che si presentavano come attiviste ma che in realtà cercavano un pretesto per pratiche scioccanti e sconsiderate. Il termine stesso yin era pesantemente connotato da disapprovazione, e in effetti He Zhen lamentava che il sesso potesse entrare in competizione con i veri obiettivi della trasformazione sociale. Colpisce il tono insolitamente rigido di queste affermazioni. Effettivamente, He Zhen riteneva che le donne fossero state represse così a lungo e che la sessualità fosse stata adoperata così a lungo dagli uomini come strumento di oppressione che la liberazione delle donne non poteva prendere immediatamente per buona la liberazione sessuale. Era anche consapevole del ruolo che la classe svolgeva nello sfruttamento sessuale, specialmente nel concubinato e nella prostituzione (TYB, 127). Nonostante ciò, He Zhen affermava anche che una donna veramente liberata sarebbe stata libera di avere quanti amanti voleva.

In fondo, si può dire che anche la sessualità era in ultima analisi una questione secondaria per He Zhen. Appare evidente che, nel suo pensiero, i problemi della morale sessuale sarebbero stati risolti nel corso della rivoluzione anarchica. "Per migliaia di anni questo è stato un mondo di dominio (renzhi) e un mondo diviso in classi, e quindi questo mondo è diventato proprietà esclusiva degli uomini. Per correggere questo difetto è necessario abolire il dominio, praticare l'uguaglianza umana e rendere il mondo qualcosa di condiviso sia dagli uomini sia dalle donne. Per fare questo è necessario avviare la liberazione della donna" (Zhang e Wang 1978, 2B:959).

In maniera simile, He Zhen dava per scontata la fine della famiglia, senza dedicare spazio ad analisi sul suo futuro, ma in qualche modo accontentandosi di condannarne il passato. Criticava ripetutamente e maniera specifica istituzioni come la poligamia, il concubinato e l'autorità della suocera; la sua stessa accusa al confucianesimo implicava una critica della famiglia tradizionale. (Non risultavano comunque migliori le nazioni occidentali, con l’enfasi data al matrimonio per denaro.) Come unità economica, la famiglia avrebbe perso gran parte della sua ragione di esistere quando i beni sarebbero stati condivisi equamente tra tutti i membri della società.

He Zhen credeva che liberare le donne dal peso di crescere i figli fosse uno degli elementi chiave per raggiungere l'uguaglianza. Tornava spesso sull'idea di crescere tutti i bambini in delle sorta di asili nido pubblici, poiché gli uomini erano già esenti da questo compito (TYB, 35-36). Dato che He Zhen pensava che la teoria alla base del predominio maschile si fondasse sul presupposto che le donne non fossero in grado svolgere determinati compiti con la stessa abilità degli uomini, prevedeva che questo paradigma sarebbe collassato nel momento in cui sarebbe stato permesso alle donne di lavorare liberamente. Gli uomini non avrebbero più dovuto dipendere dalle mogli per gestire la casa e le donne non avrebbero più dovuto dipendere dai mariti per la propria sussistenza economica. La famiglia come istituzione caratterizzata dalla riproduzione biologica, dalla rigida divisione sessuale del lavoro e dalla continuazione della linea famigliare avrebbe cessato di esistere. La chiave della sua analisi restava quella economica, piuttosto che i costumi o la morale.


Prima pagina del secondo numero di "Tianyi Bao" ("Giornale di giustizia naturale"), 25 giugno 1907. [fonte]


Le opinioni degli anarchici maschi differivano leggermente su queste questioni “intime”. Un articolo su “Giustizia Naturale” non solo rivendicava l'abolizione della famiglia, ma sosteneva anche che la rivoluzione sociale stessa dovesse iniziare con una "rivoluzione sessuale"[8]. Più simile a un breve angosciato grido che a un saggio argomentativo, l'articolo indicava che la radice della rivoluzione sessuale risiedeva nella distruzione della famiglia, che aveva dato origine all'egoismo, al predominio maschile, al patriarcato, alla proprietà privata e ad altre perversità innaturali. Senza il sistema famigliare su cui poggiarsi, gli uomini non sarebbero stati in grado di reprimere le donne e le persone sarebbero state spinte verso uno spirito comunitario (gong) piuttosto che egoistico (si). La premessa sottointesa dall'autore era un legame storico tra famiglia, predominio patriarcale, particolarismo e proprietà privata (incluse donne e bambini), che andavano quindi a formare un sistema generale di competizione egoistica che poteva o meno includere il capitalismo, in contrasto con il precedente paradigma dell’uomo naturale di Rousseau o Zhuangzi.

Wu Zhihui (1865-1953), un rivoluzionario iconoclasta che faceva propaganda anarchica da Parigi, dichiarava che uomini e donne avrebbero dovuto unirsi tra loro puramente per amore; sosteneva addirittura che i bambini nati da una tale relazione sarebbero stati superiori a quelli nati da un matrimonio combinato e che quelli nati da un’unione razziale mista sarebbero stati ancora migliori (XSJ, 167-68). Wu voleva abolire il matrimonio e consentire a entrambi i partner libertà all'interno di una relazione, oltre alla libertà di uscirne.

Li Shizeng attaccava senza pietà la famiglia tradizionale cinese. Ridicolizzava il culto degli antenati, che vedeva solo come un’altra stampella di un'autorità radicata nella superstizione (XSJ, 7—8, 12). Sottolineava che i suoi lontani antenati includevano scimmie e altri animali. Li non biasimava i suoi antenati ignoranti per aver avviato il culto degli antenati e altre forme di religione, ma sosteneva che alla luce della scienza moderna "le persone che non sostengono la rivoluzione degli antenati sono stupide o egoiste". Rispetto alla pratica, Li esortava a ignorare ogni rito che aveva a che fare con gli antenati, fino al punto di abbandonare le cerimonie funebri, di spianare i tumuli funerari e di distruggere le tavolette degli spiriti. Rispetto all’analisi, Li adoperava le sue categorie consuete, superstizione (relativa all'autorità) e scienza (relativa alla libertà), nella sua disamina delle relazioni sessuali.

Li tendeva a semplificare le relazioni sessuali riducendole al mero aspetto biologico (XSJ, 105-6). Esortava alla moderazione tra coppie di adulti consenzienti di sesso opposto. Come punto di partenza paragonava il corpo umano a una macchina: come una lampada aveva bisogno di olio, così il corpo aveva bisogno di mangiare e bere. Poi proseguiva: "Sebbene le relazioni tra i sessi non siano la stessa cosa del mangiare o del bere, anch'esse sono radicate nella biologia. Cibo e bevande integrano una mancanza nella costituzione del corpo, mentre la copulazione riduce la pienezza della costituzione del corpo. Quando c'è bisogno di integrazione, allora sorge la fame; quando c'è bisogno di riduzione, allora sorge il desiderio sessuale". In questo ragionamento si possono trovare echi dei manuali sessuali taoisti o del pensiero di coloro che si ribellavano alle credenze vittoriane. Finché due persone godevano di buona salute e si trovavano "in età adatta", il loro amore reciproco (xiang'ai) costituiva secondo Li una relazione moralmente approvabile (gongdao)[9].

Gli autori di "Xin shiji" (“Nuovo Secolo”), come He Zhen, si rendevano conto che finché l'educazione dei figli sarebbe rimasta nelle mani della famiglia, le donne avrebbero avuto difficoltà a emergere in seno alla società. Quindi, il gruppo avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di crescere ed educare i figli. Nel corso delle loro vite, Wu Zhihui non dimostrò mai insoddisfazione per la sua vita di famiglia piuttosto tradizionale, mentre Li Shizeng si sposò tre volte, l'ultima all'età di settantasei anni. Per quanto riguarda He Zhen, sebbene si possa supporre che le relazioni extraconiugali che si vociferava avesse intrattenuto possano aver influito sui suoi conflitti interiori tra libertinismo e amore libero, ciò rimane nel campo della pura speculazione.


Fig. 1. Le priorità delle donne secondo Li Shizeng. [fonte: XSJ, 29]


Liberazione e anarchismo

Li Shizeng faceva specificamente riferimento a una "rivoluzione delle donne". Credeva che le donne potessero raggiungere la libertà (ziyou) e l’indipendenza (zili), incluso il matrimonio libero (o le relazioni amorose, peihe), se fossero riuscite a raggiungere la parità economica. Li trovava le cause delle contemporanee forme di disuguaglianza economica, e quindi della posizione servile della donna nel matrimonio, nelle leggi e in ultima analisi nel governo. Quindi, "una rivoluzione che rovesci il governo è un requisito fondamentale per una rivoluzione delle donne", che potrà infine portare alla "libertà e all'autosufficienza (ziyou zide) delle donne". Li riassumeva la sua visione delle priorità delle donne in uno schema [fig. 1]. Sottolineava l'importanza pratica dell'ideologia, quasi a considerare la verità stessa una forza. Nel complesso, la sua analisi aveva molto in comune con quella di Liu Shipei e He Zhen, ma Li enfatizzava in particolare il ruolo dei fattori culturali. La "scienza" era la chiave della libertà.

He Zhen e Liu Shipei, d'altro canto, sostenevano che la speranza risiedesse nella rivoluzione totale. Col tempo, "l'intero popolo" (quanti zhi min) si sarebbe liberato (TYB, 143). Il loro appello alla rivolta, rivolto a uomini e donne, a contadini e operai, segnava un’importante eccezione all'idea generale del tempo che vedeva il motore del cambiamento in Cina negli studenti, o nelle società segrete, o ancora nei nuovi eserciti o persino nella nuova classe borghese[10]. He Zhen non si è mai addentrata nel descrivere i cambiamenti del mondo dopo la rivoluzione. Tuttavia, la sua idea fondamentale rimaneva saldamente il fatto che le donne dovessero liberarsi da sole.


Negli ultimi anni la società cinese ha compiuto alcuni piccoli passi verso la liberazione delle donne. Ma questa liberazione è davvero stata determinata dalle donne in quanto agenti attivi (zhudongzhe), o le ha forse solo viste come agenti passivi (beidongzhe)? Che cosa significa "essere un agente attivo"? Lottare per la liberazione con le proprie forze. Cosa significa "essere un agente passivo"? È la liberazione delle donne ottenuta come concessione da parte degli uomini. Quando osserviamo la liberazione delle donne cinesi oggi, vediamo che la maggior parte è derivata dall'essere passive e una parte minore dall'essere agenti attivi. Le forze attive che abbiamo visto sempre state espresse dagli uomini e, di conseguenza, i benefici per le donne non hanno eguagliato quelli ottenuti dagli uomini.

(Zhang e Wang 1978, 2B:962).


Rivolgendo la sua attenzione all'Occidente, He Zhen approvava alcuni dei modi in cui questo si stava muovendo verso la liberazione delle donne. Elogiava, con alcune riserve, istituzioni come la monogamia, il matrimonio civile e il divorzio, anche se chiaramente questi concetti non si rivelavano ai suoi occhi sufficientemente radicali a livello teorico, e tanto meno nella pratica. Approvava anche l’educazione mista e il fatto che ragazzi e ragazze potessero interagire e socializzare. Tuttavia, in ultima analisi He Zhen riteneva che niente di tutto ciò rappresentasse la vera liberazione della donna, se non nel modo più superficiale. Le femministe cinesi non dovevano credere che il percorso verso la liberazione fosse già stato tracciato in Occidente. He Zhen diffidava anche dell’approccio riformista. Per confutare il supposto sforzo riformista di far raggiungere alle donne l’indipendenza economica mediante l’accesso al lavoro, contrapponeva l'indipendenza economica individuale (geren) a quella collettiva (quanti). L piano individuale, parlare di "indipendenza economica" significava semplicemente che una specifica donna poteva godere di una certa libertà d’azione, ma ciò non influiva sulla maggioranza delle donne. Finché un piccolo gruppo di ricchi monopolizzava i mezzi di produzione e la disoccupazione era in aumento, l’“indipendenza economica” rimaneva semplicemente uno slogan volto a mascherare la schiavitù salariale (TYB, 192). Far entrare alcune donne nella forza lavoro non avrebbe certo messo in discussione la disuguaglianza sessuale. La vera indipendenza economica per le donne (o, meglio, per tutti) risiedeva per He Zhen solo nell’anarcocomunismo.

Il riformismo politico non era migliore di quello economico, perché le classi inferiori sarebbero state alla mercé dei capitalisti, che ne avrebbero pilotato i voti. Le persone dipendenti da terzi per la loro sussistenza, si sarebbero facilmente ridotte a seguire le istruzioni che questi avrebbero dato loro. Dopo una disamina abbastanza dettagliata della struttura dei parlamenti di varie nazioni, He Zhen giungeva a una conclusione che si potrebbe riassumere con queste parole: "tutti i governi si corrompono e i governi democratici si corrompono di più", come nei casi in cui i socialisti andavano al governo e dimenticavano i propri vecchi principi. He Zhen era convinta che l’entrata di donne in istituzioni governative non avrebbero portato a esiti molto migliori. Forse un numero ridotto di donne sarebbe riuscito a unirsi alla classe dirigente, ma il cambiamento poteva arrivare solo dall'esterno. Quando donne delle classi superiori entravano a far parte del governo, non facevano altro che unirsi agli uomini in quanto forza di oppressione. Anche in caso di successo, qualsiasi tentativo di tenere a bada l'aristocrazia o di ottenere privilegi uguali a quelli degli uomini (come il voto) utilizzando il governo, avrebbe solo portato al rafforzamento dei governi già oppressivi. He Zhen si rendeva conto che la pratica del dominio e il predominio maschile operavano congiuntamente, e che era dunque necessario rovesciarli insieme.

He Zhen non faceva appello ad alcuna autorità nel passato della Cina per la rivendicazione dell'uguaglianza, e non ne riconosceva nessuna. Fondava il suo appello alla rivoluzione su un senso trascendente di giustizia e uguaglianza sessuale. Tuttavia, la sua abilità nel citare i classici e i testi confuciani più recenti nel corso della sua esposizione della questione storica è la prova di un’istruzione tradizionale approfondita, che deve aver incluso i classici confuciani, i manuali femminili e una buona dose di letteratura[11]. Probabilmente la sua preparazione non includeva molta esegesi filosofica, studi kaozheng o della Scuola dei Testi Nuovi. Le sue opere non mostrano la stessa vasta conoscenza delle tradizioni non canoniche dimostrata da Liu Shipei, né si rintraccia nei suoi scritti alcun interesse per l’"essenza nazionale". Rispetto a Liu, sembra più a suo agio in quello che potrebbe essere definito il mondo dei neologismi: non andava alla ricerca di equivalenti tradizionali per termini come libertà, liberazione, uguaglianza, socialismo, comunismo e individuo.

Tuttavia, data la sua familiarità con la filosofia e la letteratura cinese e la sua evidentemente limitata conoscenza delle fonti occidentali, sembra probabile che le sue opinioni siano state fortemente influenzate dalla sua istruzione. Anche se non conosciamo esattamente quale percorso di studi abbia compiuto, possiamo supporre che l’enfasi da lei posta sulla dedizione altruistica alla comunità, le sue critiche all'utilitarismo e le sue idee sulla vera natura della libertà e dell'uguaglianza riflettessero concetti largamente presenti nel discorso politico cinese. L'utopismo era solo un filone minore del neoconfucianesimo, filosofia politica dominante sin dai tempi dei Song, ma la preoccupazione neoconfuciana per la responsabilità individuale verso se stessi e la società trova eco nelle parole di He Zhen sulle responsabilità della donna. I neoconfuciani consideravano il cambiamento sociale come fondamentalmente basato sull'automiglioramento individuale. Il primo testo che veniva studiato nel curriculum tradizionale, il Daxue (Grande apprendimento), metteva saldamente in relazione le arti della coltivazione del sé (individuale) e della governance (sociale). Secondo il commentario di Zhu Xi (1130-1200), opera studiata a un livello praticamente universale, nei tempi antichi l'aristocrazia e i comuni sudditi dotati venivano "istruiti nella Via dell’investigazione del principio, nell’indirizzare la mente verso il giusto, nella coltivazione di sé stessi e nel governo degli altri"[12]. Più interessata all'etica che alla metafisica, He Zhen sembra combinare una concezione impersonale delle forze economiche con un forte senso della soggettività del cambiamento sociale.

L’unione tra femminismo e anarchismo si consumava in una rivoluzione contro ogni forma di disuguaglianza e mancanza di libertà. Nelle parole di He Zhen,


Ciò che intendiamo per uguaglianza tra i sessi non è solo che gli uomini non opprimeranno più le donne. Vogliamo anche che gli uomini non siano più oppressi da altri uomini e che le donne non siano più oppresse da altre donne...

[Pertanto, le donne dovrebbero] rovesciare ogni forma di dominio, costringere gli uomini ad abbandonare tutti i loro privilegi speciali e diventare uguali alle donne, e creare un mondo in cui non vi sia né l'oppressione delle donne, né quella degli uomini.

(TYB, 188, 192)


Gli anarchici cinesi superavano qualsiasi argomentazione utilitaristica per dimostrare come i diritti umani, compresi i diritti delle donne, non fossero qualcosa di contingente. He Zhen in particolare insegnava la necessità per le donne di liberarsi da sole. Si trovavano di fronte a un paradosso: da un lato, se l'essenza della disuguaglianza sessuale risiedeva nella dipendenza economica delle donne dagli uomini, allora il miglioramento della posizione economica delle donne poteva offrire una speranza; dall'altro, se la natura del feudalesimo e del capitalismo era gerarchica, il miglioramento economico poteva riguardare solo una parte ridotta della popolazione. Gli anarchici risultavano praticamente i soli nella propria generazione a promuovere una rivoluzione sociale completa e radicale. La loro visione della condizione umana non consentiva in ultima analisi di concepire gli interessi delle donne come una sfera separata, ma si focalizzava sulle donne in quanto uno dei numerosi gruppi storicamente oppressi. Le donne dovevano avere diritti, libertà e uguaglianza in quanto esseri umani; intrinsecamente, non erano né migliori né peggiori degli uomini.

He Zhen veniva letta dai suoi contemporanei? In caso affermativo, qual è stata la sua influenza e quella degli altri anarchici sul corso del femminismo cinese? L'influenza dell'anarcofemminismo in Cina, così come quella dell'anarchismo in generale, va misurata nel lungo termine e non nel breve, e spesso in orientamenti fondamentali, sensibilità ideologiche e visioni implicite del mondo, piuttosto che in espressioni politiche. L’intuizione anarcofemminista sulla necessità di un cambiamento sociale strutturale veniva ampiamente condivisa dopo la Rivoluzione del 1911. Sebbene le donne cinesi continuassero a sottolineare l'importanza dei diritti delle donne lo stato di salute di una nazione afflitta da minacce esterne e problemi interni, iniziarono a proclamare condanne sempre più severe nei confronti della morale tradizionale, delle “superstizioni” e dei principi fondamentali del predominio maschile.


Shangai, settembre 1908. Da sinistra, in prima fila, He Zhen con il marito Liu Shipei e Liu Yazi (1887–1958). Dietro, a sinistra, Su Manshu (1884–1918). [fonte]


He Zhen viene considerata una delle fondatrici del femminismo cinese, anche se alla realtà dei fatti non si sa molto su di lei[13]. Nonostante non ebbe molti seguaci, possiamo ritrovare echi delle sue idee negli scritti del Quattro maggio e nelle speculazioni delle femministe comuniste sulla relazione tra lotta politica complessiva e liberazione della donna. Durante gli anni Venti non emergerà il rifiuto sociale solo della fasciatura dei piedi, delle "tre obbedienze" della poligamia, ma anche della pietà filiale, del matrimonio e persino della famiglia. Le femministe comuniste, alcune delle quali avevano studiato le idee anarchiche, concordavano sul fatto che le donne dovessero organizzarsi, che si trovavano ad affrontare una doppia oppressione di dominio maschile e subordinazione di classe (Croll 1978:117ff). Il partito comunista cinese mise in relazione chiaramente la liberazione della donna con un completo rifiuto della società tradizionale.

La visione di He Zhen immaginava singole donne che avevano raggiunto l'autonomia e quindi rimanevano all'interno della comunità in senso generale o si riunivano ad essa. La loro liberazione non era quella dell'individuo dalla società; poteva essere raggiunta solo dalla liberazione della società nel suo insieme. L’importanza dell'anarco-femminismo va ricercata nella sua analisi rigorosa, seppur a volte semplicistica, della struttura sociale cinese e delle costrizioni culturali. He Zhen non cercava solo di raggiungere le conquiste delle donne occidentali, ma molto di più: non la riforma, ma la rivoluzione. Allo stesso tempo, le anarcofemministe si rivolgevano a tutte le donne cinesi. Anche se un po' più moderate di loro, queste ultime erano comunque in grado di apprezzare il concetto anarchico della perfezionabilità dell’essere umano e della società. La prosa potente e toccante che He Zhen era capace di produrre si erge come uno dei risultati significativi del femminismo cinese nel periodo che ha preceduto la Rivoluzione del 1911.


Bibliografia

Bao Jialin. 1979a. “Xinhai geming shiqi de funu sixiang” (“Il pensiero delle donne al tempo della Rivoluzione del 1911”). In Zhongguo funüshi lunji, ed. Bao Jialin, pp. 266-95. Taibei: Mutong Chubanshe.

Bao Jialin. 1979b. “Qiu Jin yu Qingmo funü yundong” (“Qiu Jin e il movimento delle donne alla fine della dinastia Qing”). In Zhongguo funüshi lunji, ed. Bao Jialin, pp. 346-82. Taibei: Mutong Chubanshe.

Beahan, Charlotte L. 1981. “In the Public Eye: Women in Early Twentieth­Century China”, in Women in China: Current Directions in Historical Scholarship, a cura di Richard W. Guisso e Stanley Johannesen, pp. 215—28. Youngstown, NY: Philo Press.

Bernal, Martin. 1968. “The Triumph of Anarchism over Marxism, 1906-1907”, in China in Revolution: The First Phase, 1900-1913, a cura di Mary Clabaugh Wright, pp. 97-142. New Haven: Yale University Press.

Cai Yuanpei. 1936. “Liu jun Shenshu shilue” (“Una breve rassegna della vita di Liu Shipei”). In Liu Shenshu xiansheng yishu, ed. Nan Peilan e Zheng Youfu, juan 1.

Chen Dongyuan. 1967. Zhongguo funü shenghuo shi (Storia della vita delle donne cinesi). Taibei: Taiwan Shangwu Yinshuguan.

Croll, Elisabeth. 1978. Feminism and Socialism in China. New York: Schocken Books.

Drucker, Alison R. 1981. “The Influence of Western Women on the Anti-Footbinding Movement, 1840-1911”. In Women in China: Current Directions in Historical Scolarship, a cura di Richard W. Guisso e Stanley Johannesen, pp. 179-99. Youngstown, NY: Philo Press.

Feng Ziyou. 1965. Geming yishi (Storia informale della rivoluzione). Taibei: Taiwan Shangwu Yinshuguan.

Furth, Charlotte. 1983. “Intellectual Change: From the Reform Movement to the May Fourth Movement, 1895-1920”. In The Cambridge History of China: Vol. 12, Republican China, 1912-1949, Part 1, pp. 32 2-405. Cambridge, Inghilterra: Cambridge University Press.

Gardner, Daniel K. 1986. Chu Hsi e il Ta-hsueh: Neo Confucian Reflection on the Confucian Canon. Cambridge: CEAS, Harvard University Press.

Ge Maochun et al. ed. 1984. Wuzhengfu zhuyi sixiang ziliaoxuan (Materiali selezionati sul pensiero anarchico). Pechino: Stampa dell'Università di Pechino.

Heng Bao (Equità). Vedi Ge Maochun et al., eds. 1984.

Hirano Yoshitarō. 1966. “Chūgoku kakumeihō 'Tengi' no Nihon ni okeru hakkan" (“La pubblicazione in Giappone dell'organo rivoluzionario cinese ‘Tianyi’”). In TYB 1966, postfazione, pp. 1—24. Tokyo: Daian Kabushiki Kaisha.

Kerber, Linda K. 1987. “The Republican Mother”. In Women’s America: Refocusing the Past, a cura di Linda K. Kerber e Jane De Hart-Mathews, pp. 83-91. New York: Oxford University Press.

Li Youning. 1981. "Zhongguo Xinnüjie zazhi de chuangkan ji neihan" (“La fondazione e i contenuti del giornale ‘Il mondo delle nuove donne cinesi’). In Zhongguo funüshi lun-wenji, a cura di Li Youning e Zhang Yufa, pp. 179-241. Taibei: Taiwan Shangwu Yinshuguan.

Liang Qichao. 1926. Yinbingshi wenji (Raccolta di saggi dallo studio del bevitore di ghiaccio). Shangai: Zhonghua Shuju.

Lin Weihong. 1979. “Tongmenhui shidai nü geming zhishi de huodong” (“L’attività delle donne eroine della rivoluzione durante l'era Tongmenghui”). In Zhongguo funüshi lunji, ed. Bao Jialin, pp. 296-345. Taibei: Mutong Chubanshe.

Liu Fuzeng. 1936. “Wangzhi Shipei muzhilu” (“Epitaffio per il mio defunto nipote Shipei”. In Liu Shenshu xiansheng yishu, ed. Nan Peilan e Zheng Youfu, juan 1.

Liu Xinhuang. 1978. Minchu mingren de aiqing (Vite di personaggi famosi nei primi anni della Repubblica). Taibei: Mingren Chubanshe.

Ono Kazuko. 1968. “Shinmatsu no fujin kaihō shisō” (“L'ideologia della liberazione delle donne nel tardo periodo Qing”). Shisō 3:931-47.

Rankin, Mary Backus. 1975. “The Emergence of Women at the End of the Ch’ing: The Case of Ch’iu Chin.” In Women in Chinese Society, a cura di Margery Wolf e Roxane Witke, pp. 39-66. Stanford: Stanford University Press.

Sanetō Keishū 1970. Chūkokujin Nihon ryūgakushi (Storia degli studenti cinesi in Giappone). Tokyo: Kuroshio Shuppan.

Sievers, Sharon L. 1983. Flowers in Salt: The Beginnings of Feminist Consciousness in Modern Japan. Stanford: Stanford University Press.

Stites, Richard. 1978. The Women’s Liberation Movement in Russia: Feminism, Nihilism, and Bolshevism, 1860-1930, 1860-1930. Princeton: Princeton University Press.

TYB. “Tianyi Bao” (“Giornale di giustizia naturale”). 1966. Ristampa parziale, Tokyo: Daian Kabushiki Kaisha.

Waley, Arthur. 1938. The Analects of Confucius. New York: Vintage Books.

“Xin Shiji” (“Nuovo secolo”). 1947. Ristampa fotolitografica, Shanghai.

XSJ. “Xin Shiji” (“Nuovo secolo”). 1966. Ristampa parziale, Tokyo: Daian Kabushiki Kaisha.

Zhang Nan e Wang Renzhi, a cura di. 1977. Xinhai geming qian shinianjian shilun xuanji (Articoli selezionati del decennio precedente la Rivoluzione del 1911). vol. 3. Pechino: Sanlian Shudian.

Zhang Nan e Wang Renzhi, 1978. Xinhai geming qian shinianjian shilun xuanji (Articoli selezionati del decennio precedente la Rivoluzione del 1911). Vol. 1—2. Pechino: Sanlian Shudian.

Zhou Zuoren. 1970. Zhitang huixiang lu (Memorie). Hong Kong: Sanyu Tushu Wenju Gongsi.

ZXZ. “Zhongguo xinnujie zazhi” (“Il mondo delle nuove donne cinesi”). 1907. Tokyo: Zhongguo Xinnujie Zazhi She. Numeri 1—5.


Note

[1] Per un’analisi di questa prima fase di un movimento delle donne autoconsapevole, vedi Bao 1979a; Beahan 1981; Chen 1967; Drucker 1981; Li 1981; Lin 1979; Ono 1968; e Rankin 1975.

[2] Liu (1884-1919) fu un famoso studioso della tradizione classica degli antichi testi Hanxue; si convertì alla causa anti-Manciù nel 1903 e si proclamò anarchico nel 1907, prima di tornare al lealismo Qing nel 1909. La vita di He Zhen rimane piuttosto sconosciuta; di seguito nel testo sono riportati alcuni resoconti su di lei.

[3] Termine colloquiale per indicare il pene.

[4] Questa argomentazione è esposta in “Wuzhengfu zhuyi zhi pingdeng guan” (“La visione anarchica dell’uguaglianza”), TYB, nn. 4, 5, 7 (25 luglio, 10 agosto, 15 settembre 1907), ristampato in Zhang e Wang 1978, 2B:918-32; vedi anche TYB, 24-36.

[5] Li (1881-1973), figlio di un potente funzionario della dinastia Qing, si trasferì in Francia nel 1902 per studiare biologia e lì divenne un anarchico.

[6] Le “sette cause di ripudio” si riferiscono al diritto di un uomo di divorziare dalla moglie in caso di incapacità di concepire un figlio, adulterio, mancanza di rispetto verso i genitori del marito, litigiosità, furto, gelosia e malattia grave.

[7] Cfr. Lunyu 17:25, trad. da Waley 1938: 216-17; il brano è talvolta interpretato come riferito originariamente alle concubine e ai servi (maschi) o alla gente comune, non semplicemente alle donne e uomini di umili origini.

[8] “Huai'jia lun” (“Distruggere la famiglia”), TYB, n. 4 (25 luglio 1907), in Zhang e Wang 1978, 2B:916-17. Ritengo che l'articolo, firmato “Un membro della razza Han (Han yi)”, sia di Liu Shipei.

[9] Charlotte Furth (1983:384) ha utilmente suggerito che l'antifamilismo fosse parte dell'antagonismo degli anarchici verso i "limit" contro cui Kang Youwei si era scagliato per primo, ma penso che sbagli nell’enfatizzare eccessivamente l’importanza data dagli anarchici all'"individuo autonomo" e all'"emancipazione dell'individuo da ogni legame di gruppo", perché gli anarchici erano anche spinti da un forte egualitarismo e riponevano la loro fede nella fratellanza rivoluzionaria piuttosto che nell'individualismo.

[10] Particolarmente significativa l'enfasi posta da Liu sul ruolo dei contadini; vedi “Wuzhengfu geming yu nongmin geming” (“Rivoluzione anarchica e rivoluzione contadina”), in Ge et al. 1984: 1 58-62 (pubblicato originariamente in Hengbao, n. 7, 28 giugno 1908).

[11] La sua ampia discussione sulla storia delle donne in Cina mostra una grande erudizione; vedi “Nüzi fuchou lun” (“La vendetta delle donne”), TYB, 7-23, 65-70, e “Nüzi shuochou lun” (“Le donne articolano la loro ostilità”), TYB, 205-11.

[12] L'importanza di questa affermazione per l'anarchismo risiede nell'implicazione che la partecipazione alla definizione della governance era potenzialmente aperta a tutti; vedi Gardner 1986:79-81, 58-59.

[13] Ad esempio, nel 1909 “Nübao“ (“Il giornale della donna”) includeva He Zhen in un elenco di sette donne pioniere dell’editoria. Vedi Zhang e Wang 1977:481.


[Traduzione di Roberto Viganò]

 

Tesi e ricerche
20/05/2025

Rubrica Tesi e ricerche

Milly Witkop e la Frauenbund - La lega delle donne anarcosindacalista

Milly Witkop e la Frauenbund - La lega delle donne anarcosindacalista
Dal Bollettino 59, articolo sulla costruzione dell’immagine femminile nel movimento anarcosindacalista tedesco.

Milano 1945. Il mistero dei cliché trafugati

Milano 1945. Il mistero dei cliché trafugati
Articolo di Mauro De Agostini in cui si cerca di ricostruire la vicenda del trafugamento di cliché del Banco de España a Milano per finalità antifranchiste e l'eventuale responsabilità dei partigiani anarchici.

He Zhen e l'anarco-femminismo in Cina

He Zhen e l'anarco-femminismo in Cina
Articolo di Peter Zarrow sulla figura di He Zhen e sul femminismo anarchico nella Cina pre-repubblicana.
torna a tutti gli articoli

Sostienici

Clicca qui per sapere come sostenere il nostro lavoro, oppure effettua direttamente una donazione:

 

Chi siamo in breve

Il Centro Studi Libertari nasce nel 1976 con la duplice finalità della costruzione di un archivio per la conservazione della memoria dell'anarchismo e del ripensare l'anarchismo alla luce del contesto sociale in cui opera al fine di renderlo un punto di riferimento alternativo alla cultura dominante.

Il CSL aderisce alla rete nazionale RebAl, e al coordinamento internazionale FICEDL.

 

Newsletter

Vedi archivio newsletter

facebook youtube instagram

Centro Studi Libertari G. Pinelli APS | via Jean Jaurès 9, 20125 Milano | c.f. 97030450155 | p.iva 10247350969 | centrostudilibertari@pec.it
privacy | cookie