Eccoci. Non possiamo più tirarci indietro. Siamo riuniti qui, e voi siete venuti da ogni angolo del mondo per partecipare all’incontro internazionale anarchico di Venezia 1984 e al convegno su “Tendenze autoritarie e tensioni libertarie nelle società contemporanee”.
Vi do il benvenuto a nome degli organizzatori.
Qual è il senso che noi vogliamo dare a questi quattro giorni di dibattito, a queste diciotto e più sessioni su temi diversi? In questo periodo di crisi delle ideologie, di crisi dei movimenti operai e rivoluzionari, di crisi del capitale e del salariato, noi vogliamo affermare qui che siamo anarchici, e fieri di esserlo: ed è quanto ricorda Amedeo Bertolo nell’editoriale dell’ultimo numero di “Volontà”.
Fieri di essere anarchici: questo non vuol dire soltanto intonare degli inni agli eroi della nostra storia, né limitarsi a ripetere quanto abbiamo avuto sempre ragione di fronte agli autoritari di ogni tendenza. Vuol dire anche e soprattutto che noi avvertiamo l’urgenza di aprire gli occhi sul mondo e sulle situazioni che ci presenta, vuol dire che siamo aperti ai dubbi e agli interrogativi, che siamo sufficientemente forti e sufficientemente convinti per sopportare le revisioni, sufficientemente umili per essere aperti alle domande che ci pone la nostra condizione di uomini e donne nella società attuale.
Ecco perché ad alcuni di noi è sembrato, come promotori e organizzatori di questo convegno, che fosse venuto il tempo di fare il punto sulle forze e sui limiti del movimento anarchico e della teoria anarchica, sulle aperture e sui problemi che si presentano nelle diverse culture e nelle storie diverse dalle quali proveniamo.
Fare il punto, constatare lo stato del pensiero e le piste da esplorare, non vuol dire necessariamente ritrovarci su delle posizioni simili né adottare risoluzioni comuni. Quello è il compito delle organizzazioni specifiche. Uno degli assiomi dell’anarchismo, del quale è il caso di andar fieri, è il pluralismo, la differenza tra persone eguali, libere e solidali. La libertà di ognuno qui sarà quella di esprimersi e di ascoltare, di entusiasmarsi e di non essere d’accordo, di constatare la ricchezza della differenza, la ricchezza delle tensioni libertarie. Molti temi in questo convegno, ma tutti i temi o quasi, costituiscono un unico tema: l’affermazione dei valori dell’anarchismo, della libertà e della solidarietà, dell’eguaglianza e del pluralismo contro l’autorità e le strutture di dominio, contro lo Stato che ne è il principio organizzatore.
Nel romanzo di Orwell, Winston Smith scrive nel suo diario: «Io capisco come, non capisco perché». Noi siamo qui per cercare di capire il come e il perché.
Qualche cenno di storia. Questo convegno non nasce dal nulla. Dieci anni fa, alcuni compagni provenienti da orizzonti diversi lanciavano una rivista internazionale di ricerche anarchiche, «Interrogations», sotto l’impulso di Louis Mercier. L’incontro tra gli uni e gli altri non è stato sempre facile. Eppure alcuni temi comuni sono emersi, e proprio dagli interrogativi comuni nei confronti dei fenomeni attuali, nei confronti di temi centrali e nei confronti degli assiomi stessi dell’anarchismo. È così che nel corso degli anni sono stati proposti numerosi convegni internazionali: sui nuovi padroni, sull’autogestione, sull’utopia, sul potere e sulla sua negazione, e infine quest’ultimo. La serie non è finita. Così come non sono certamente finiti i contatti che si sono stabiliti a poco a poco attraverso il mondo, e che attualmente sono rappresentati essenzialmente nella rivista italiana «Volontà».
1984 era l’occasione per raccogliere la sfida dell’anno terribile, dell’anno simbolo; 1984 era l’anno magico in cui fare... fare cosa? La festa, la rivoluzione? Più realisti, ma non meno megalomani, abbiamo lanciato l’idea di questo incontro, e l’eco che ha ricevuto è andata oltre le nostre speranze. Forse è andata anche oltre i mezzi materiali degli organizzatori, il Centro Studi Libertari “Giuseppe Pinelli” di Milano, il Centro internazionale di ricerche sull’anarchismo di Ginevra (CIRA), l’Anarchos Institute di Montréal. Pur con i loro nomi così “importanti”, questi organizzatori sono poche persone, e né le loro forze né le loro risorse sono illimitate: non rimproverateci le imperfezioni dello svolgimento di questo convegno e di questa settimana: essa vi appartiene e appartiene a tutti noi.
1984, anno magico? In un editoriale di gennaio, scrivevo: «Saremo nel 1984 quando crederemo di esserci». È un po’ il tema di questa prima sessione. L’importante non è di sapere se noi ci siamo o no: è di capire il come e il perché del dominio, il come e il perché dell’obbedienza, il come e il perché della nostra opposizione.
Se pretendiamo di affrontare il potere con delle armi risibili, è evidente che abbiamo già perso. Se utilizziamo le armi dell’irrisione e dell’ironia; se osiamo affermare i nostri valori e le nostre passioni, che non hanno niente in comune con quelle del potere; se osiamo oltrepassare le barriere linguistiche, culturali e situazionali per trovare le condivisioni possibili, allora forse troveremo dei compagni, noi che abbiamo più nemici di chiunque altro; allora forse potremo allargare il cerchio della tribù anarchica.
Infine, alcune informazioni pratiche. Il programma del convegno è a vostra disposizione allo stand delle informazioni…
Avrete notato che, tranne stamattina, venerdì e sabato pomeriggio, vi sono tre sessioni simultanee. Una si svolge in questa sala, con traduzione simultanea; le altre due si tengono... se possibile in due lingue con traduzione consecutiva; le lingue sono indicate sul programma.
Le sedute cominceranno di mattina alle 9.30 per concludersi alle 19.30.
Gli interventi introduttivi dovrebbero essere piuttosto brevi per lasciare ampio spazio alla discussione, alla quale sono invitati tutti. Abbiamo interpreti e traduttori professionali o amatoriali; quando intervenite, pensate che dovete essere compresi in altre lingue, cercate di non parlare troppo velocemente e di non utilizzare sigle o codici!
In ogni sessione, un moderatore, d’intesa con gli oratori previsti, passerà la parola e cercherà di coordinare i dibattiti; vi sono alcune regole minime di funzionamento che saranno fissate per ogni sessione, e spero che sarete d’accordo nel rispettarle.
In questa sala, occorre parlare al microfono per essere sentiti dagli interpreti, e quindi per essere tradotti. Sarebbe auspicabile che ogni persona che interviene indicasse il suo nome.