Amedeo Bertolo, di famiglia friulana, nasce a Milano il 17 settembre 1941 nelle stesse case popolari del quartiere San Siro in cui vivono, per un curioso destino, sia Giuseppe Pinelli sia Pietro Valpreda, che tuttavia conoscerà molti anni dopo e in altri contesti. Dal padre mosaicista, nel cui laboratorio lavora per un anno, impara la capacità di prefigurare un disegno la cui effettiva composizione, tassello dopo tassello, richiede tempo, pazienza e tenacia.
Dopo studi classici, approda alla facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano («era la fila più corta per iscriversi», ammette) e lì resterà anche dopo la laurea come docente di economia agraria (e questo forse spiega le ricorrenti metafore agronomiche come quella su anarchismo e gradazione alcolica).
Ma ben prima di approdare all’insegnamento, la sua vita pubblica inizia con un fatto clamoroso come il primo rapimento politico del dopoguerra: quello del viceconsole spagnolo di Milano, Isu Elías, portato a termine insieme a un gruppo di giovani antifascisti per salvare la vita di Jorge Conill Valls, un anarchico spagnolo condannato a morte dal regime franchista (condanna che verrà in effetti commutata nel carcere a vita).
Da qui inizia un’attività militante che accompagna tutto il suo percorso esistenziale e che alla fine degli anni Sessanta si concretizza nella costituzione dei Gruppi Anarchici Federati (GAF), una delle tre federazioni nazionali attive in quel periodo, la cui peculiarità è di essere composta solo da giovani anarchici e di essere organizzata in gruppi di affinità. È un’esperienza forte e intensa che darà vita a quella «fratellanza» aperta destinata a durare nel tempo, che resisterà anche dopo l’autoscioglimento dei GAF nel 1978, atto che prelude al passaggio dall’idea di movimento-partito all’idea di movimento-comunità.
Quegli anni lo vedono protagonista di un altro cruciale periodo storico, quello che coincide con la «strategia della tensione» e con le attività di controinformazione portate avanti dalla Crocenera anarchica, fondata nel 1968 proprio da Amedeo Bertolo e Giuseppe Pinelli, le cui strade si sono ora ricongiunte all’interno del gruppo milanese Bandiera Nera e del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa. L’anno dopo arriva la strage di Piazza Fontana, falsamente attribuita agli anarchici da ben noti funzionari dello Stato, e la morte violenta di Pinelli, precipitato da una finestra della questura di Milano nel pieno di quella montatura antianarchica che nei mesi successivi verrà smontata da una formidabile campagna di controinformazione (basti ricordare il libro-inchiesta Le bombe dei padroni: processo popolare allo Stato italiano nelle persone degli inquirenti per la strage di Milano, scritto appunto dalla Crocenera). Una campagna partita solitaria – Farneticante conferenza-stampa al Circolo Ponte della Ghisolfa titola il «Corriere della sera» il 17 dicembre 1969 – e divenuta poi corale.
Tuttavia gli anni Sessanta non sono solo attentati, depistaggi, farse processuali e «stragi di Stato». Sono anche gli anni di una rinnovata creatività libertaria che presto sfocerà nel 1968. Non a caso è proprio alla metà di quel decennio che i giovani anarchici europei decidono di inventare un simbolo in sintonia con il nuovo immaginario anarchico – la A cerchiata – che negli anni successivi conquista i muri di tutto il mondo grazie alla sua iconografia essenziale. Se l’ideazione avviene a Parigi (il simbolo è presentato per la prima volta da Tomás Ibáñez sul bollettino «Jeunes Libertaires»), il «lancio grafico» viene fatto a Milano, dove Amedeo Bertolo la incide a mano – con l’aiuto di un bicchiere capovolto – sulla matrice dei primi ciclostilati prodotti dalla Gioventù Libertaria. Ed è sempre questo gruppo che negli stessi anni apre il primo Circolo Wilhelm Reich, ovviamente focalizzato sulla rivoluzione sessuale, e convoca a Milano il «provotariato» libertario internazionale, decidendo di sperimentare una versione di «rito ambrosiano» delle provocazioni culturali realizzate dal movimento Provos olandese.
Accanto all’attività militante si va via via affiancando un’attività editoriale dapprima collaterale e poi con il tempo prioritaria. Se negli anni Sessanta escono solo i tre smilzi numeri di «Materialismo e Libertà», nel 1971 Bertolo fonda, insieme ad altri, il mensile «A rivista anarchica». I soldi per dar vita a quella che sarà – ancor oggi – la testata anarchica più venduta di quei decenni provengono in effetti da un altro progetto: sono le sottoscrizioni raccolte per fondare una comune anarchica nella campagna senese. Ma dato che quel progetto stenta a prendere il via, schiacciato com’è dai tumultuosi eventi che seguono il biennio 1968-69, gli stessi sottoscrittori decidono di dirottare i fondi verso una rivista «di lotta e di riflessione» più in sintonia con i tempi. Inventandosi giornalista e grafico, Amedeo si occupa del mensile sino al 1974, per passare poi la mano agli altri redattori e iniziare a collaborare con altre due testate: il trimestrale internazionale «Interrogations» (che esce dal 1974 al 1979) e la rivista di approfondimento teorico «Volontà» (alla cui redazione partecipa dal 1980 alla chiusura della testata nel 1996).
Parallelamente, con il Centri studi libertari Giuseppe Pinelli, fondato a Milano nel 1976 e tuttora attivo, organizza e partecipa a decine di convegni, seminari, tavole rotonde, conferenze, dibattiti, la maggior parte in Italia ma alcuni anche all’estero, in uno sforzo continuo di mettere tra loro in relazione le riflessioni e le sperimentazioni libertarie che fioriscono in tutto il mondo e nei campi più diversi. Un percorso che ha il suo picco nel 1984 – con l’incontro internazionale anarchico «Venezia ‘84», al quale partecipano migliaia di persone provenienti da oltre trenta paesi – ma che di certo non si ferma lì proseguendo sino ai nostri giorni.
La sua attività editoriale e culturale non si esaurisce però qui. Nel corso dei decenni, infatti, la sua attenzione si sposta progressivamente dai periodici ai libri. Così fonda dapprima le Edizioni Antistato, attive dal 1975 al 1985, e poi nel 1986 fonda elèuthera, dando vita a un’altra avventura collettiva che dura da oltre trent’anni.
Muore a Milano il 22 novembre 2016.
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