L'abc dell'ecofemminismo
di Ynestra King
fonte: «A rivista anarchica», numero 136, 1986.
Un amalgama di istanze ecologiche, femministe, libertarie. Un filone di pensiero e, per certi versi, un movimento tra i più vivaci nell'altra America. Parliamo dell'eco-femminismo, o meglio ne tratta Ynestra King in questo saggio. Si apre così sulle colonne di "A" una riflessione sul rapporto tra cultura maschile e femminile, sulle origini del sessismo, ecc. ecc.
Tutti gli esseri umani sono esseri naturali. Può sembrare una considerazione ovvia, eppure viviamo in una cultura che si fonda sul rifiuto, sulla dominazione della natura. Ciò riveste particolare importanza per le donne, che la cultura patriarcale considera più vicine alla natura di quanto lo siano gli uomini. Alle donne, perciò, interessa particolarmente porre fine alla dominazione della natura, sanare l'alienazione tra natura umana e non umana. Questo è anche l'obiettivo ultimo del movimento ecologico, il quale però non è necessariamente femminista.
Per la maggior parte, gli ecologisti, che si preoccupano tanto della natura non-umana, non hanno ancora capito che è loro interesse porre fine alla dominazione della donna. Non capiscono che una delle cause principali dell'oppressione della donna risiede proprio nella sua associazione con quella odiata natura su cui si concentra il loro impegno. L'odio per la donna e l'odio per la natura sono intimamente connessi e si rafforzano a vicenda. Ciò premesso, ci proponiamo di analizzare i motivi per cui il femminismo e l'ecologia hanno bisogno l'uno dell'altra e di porre le basi teoriche per un femminismo ecologico o eco-femminismo.
La scienza ecologica studia le interrelazioni tra tutte le forme di vita. Mira ad armonizzate la natura, umana e non-umana. È una scienza integrativa in un'epoca di frammentazione e di specializzazione. È anche una scienza critica, che dà fondamento e necessità a una critica della società attuale. Ed è una scienza ricostruttiva, in quanto indica una direzione possibile per la ricostruzione della società umana in armonia con l'ambiente naturale.
Che cos'è l'ecologia sociale
Gli ecologi sociali si chiedono come potremo sopravvivere su questo pianeta e come potremo sviluppare sistemi di produzione alimentare ed energetica, un'architettura e modi di vita tali da consentire agli esseri umani di soddisfare i bisogni materiali e di vivere in armonia con la natura non-umana. Questa prospettiva ha portato i biologi a formulare critiche in campo sociale e i sociologi a indagare nel campo della biologia dell'ecologia. La visione che cerca consapevolmente di integrare gli aspetti biologici e sociali del rapporto tra gli esseri umani e l'ambiente è nota come ecologia sociale. Sviluppata soprattutto da Murray Bookchin, l'ecologia sociale ha fatto propria la teoria anarchica, secondo la quale la dominazione e la gerarchia nella società umana sono legate alla distruzione della natura non-umana. Questa analisi è indubbiamente utile; tuttavia l'ecologia sociale senza il femminismo non sarà mai completa.
Il femminismo pone le fondamenta di questa critica della dominazione, identificando il prototipo di altre forme di dominazione: quella da parte dell'uomo nei confronti della donna. Potenzialmente, il femminismo crea una concreta, globale comunione di interessi tra le persone maggiormente orientate alla vita: le donne. L'analisi femminista fornisce la teoria, il programma e il processo, senza i quali il potenziale radicale dell'ecologia sociale resta smorzato. L'eco-femminismo sviluppa quelle connessioni tra ecologia e femminismo, di cui l'ecologia sociale ha bisogno per raggiungere l'obiettivo di creare un modo di vita libero ed ecologico. Quali sono queste connessioni? L'ecologia sociale contesta la visione dualistica, secondo la quale natura e cultura sarebbero entità separate e contrastanti. Secondo la concezione eco-femminista, alla radice di questo contrasto vi è la misoginia. I principi dell'eco-femminismo si fondano sulle seguenti convinzioni:
1) Lo sviluppo della civiltà industriale occidentale in contrasto con la natura è in rapporto di interazione dialettica con la sottomissione della donna e la rafforza, perché si reputa che le donne siano più vicine alla natura. Perciò l'eco-femminismo fa proprie le lotte per la sopravvivenza di tutto il mondo naturale.
2) La vita sulla terra è una fitta rete di interconnessioni, non è gerarchia. Una gerarchia naturale non esiste. Esiste una proiezione della gerarchia umana sulla natura, che viene usata per giustificare la dominazione sociale. Perciò la teoria eco-femminista cerca di evidenziare le connessioni tra tutte le forme di dominazione, compresa la dominazione della natura non umana. E la pratica eco-femminista è necessariamente antigerarchica.
3) Un ecosistema sano, equilibrato, comprendente esseri umani e non-umani, deve conservare la diversità. Da un punto di vista ecologico, la semplificazione ambientale è un problema importante quanto l'inquinamento. La semplificazione biologica, ovvero la cancellazione di intere specie, equivale alla spersonalizzazione dei lavoratori, cioè alla cancellazione della diversità umana, oppure all'omogeneizzazione del gusto e della cultura attraverso la massificazione dei consumi. Per le esigenze della società di mercato, la vita e la vita naturale vengono ridotte letteralmente a un livello inorganico. Occorre perciò un movimento decentralizzato, globale, fondato su interessi comuni, che tuttavia valorizzi la diversità e che si opponga a ogni forma di dominazione e di violenza. Potenzialmente, l'eco-femminismo può svolgere questo ruolo.
4) La sopravvivenza della specie richiede una nuova consapevolezza del nostro rapporto con la natura, della nostra stessa natura corporea e della natura non-umana che ci circonda. Richiede che si metta in discussione il dualismo natura-cultura e che, di conseguenza, si ristrutturi la società secondo i principi femministi ed ecologici.
In teoria e in pratica il movimento ecologico cerca di parlare per la natura, per l'"altra" che non ha voce e che nella nostra civiltà non viene considerata in termini soggettivi. Il femminismo rappresenta il rifiuto del silenzio da parte di colei che fu sempre "altra" nella società umana patriarcale, e al tempo stesso il suo rifiuto di essere ancora "altra". La sua condanna della dominazione sociale va oltre il problema dei sessi e riguarda ogni tipo di dominazione, perché la dominazione sessuale, razziale e classista e la dominazione della natura si rafforzano a vicenda. Le donne sono la parte "altra" della società umana, che ha sempre taciuto e che ora parla attraverso il movimento femminista.
Donne, natura e cultura
Nel progetto di identificazione della civiltà industriale occidentale, la natura divenne qualcosa da dominare, da sconfiggere, da asservire ai bisogni dell'uomo. Venne spogliata dei suoi poteri magici e dei suoi attributi e ridotta a un complesso di "risorse naturali", che gli esseri umani dovevano sfruttare per soddisfare i propri bisogni e per raggiungere i propri scopi, definiti in contrasto con la natura. Con l'abbandono delle vecchie religioni, del paganesimo e delle credenze animistiche, si affermò il cristianesimo dualista (Reuther, 1975). Con il disincantamento della natura si realizzarono le condizioni per condurre ricerche scientifiche e per uno sfruttamento tecnologico incontrollato (Merchat, 1980). Oggi subiamo le conseguenze dell'illusione di poter esercitare sulla natura un controllo senza limiti, e della fede cieca nelle capacità della scienza di risolvere qualsiasi problema: si costruiscono impianti nucleari senza prevedere l'eliminazione delle scorie e si lanciano satelliti nello spazio senza prevederne il recupero.
Così la natura divenne "altra", cioè qualcosa di essenzialmente diverso dal dominante, qualcosa che poteva essere ridotta a oggetto e sottomessa. Allo stesso modo le donne, identificate con la natura, sono state ridotte a oggetti e sottomesse nella società patriarcale. In questo senso la natura e le donne sono le "altre" originarie. Simone De Beauvoir (1968) ha chiarito questo rapporto. Per la De Beauvoir, la "trascendenza" è opera culturale, è opera dell'uomo. È un processo che mira ad aver ragione dell'immanenza, un processo di edificazione culturale fondato su una dominazione della natura sempre più accentuata. È un'impresa. L'immanenza, simboleggiata dalle donne, è ciò che richiama gli uomini, ciò che ricorda loro le cose che vorrebbero dimenticare. Ad esempio il legame con la natura, che l'uomo deve dimenticare e vincere proprio per essere uomo e per attuare il fine della trascendenza:
"Nella donna l'uomo cerca l'Altra come Natura e come compagna. Ma sappiamo quali sentimenti ambivalenti la Natura ispiri all'uomo. Egli la sfrutta, ma essa lo schiaccia; egli è nato da essa e in essa muore; essa è la fonte del suo essere e il dominio che egli sottomette alla sua volontà; la Natura è una vena di materiale grezzo nella quale l'animo è imprigionato, ed è anche la realtà suprema: è la contingenza e l'Idea, il finito e il tutto; è ciò che contrasta lo Spirito, ed è lo Spirito stesso. Ora alleata, ora nemica, appare come l'oscuro caos dal quale sgorga la vita; appare come la vita stessa e come l'aldilà verso il quale la vita tende. La donna riassume in sé la Natura come Madre, Moglie e Idea; talvolta queste forme si mescolano, altre volte sono in conflitto, e ciascuna di essa ha una doppia faccia". (De Beauvoir).
Secondo la De Beauvoir, la civiltà patriarcale vuole far dimenticare la mortalità dell'uomo di cui le donne e la natura tengono perennemente desta la memoria. La capacità che la donna ha di procreare viene nettamente distinta dalla capacità di creare, dalle creazioni realizzate per il tramite della cultura, in virtù delle quali l'uomo può raggiungere l'immortalità. Eppure questa trascendenza sulle donne e sulla natura non può essere mai totale. Da ciò derivano l'ambivalenza, la carenza dell'io in assenza dell'altra, la dipendenza dell'io dall'altra, sia materialmente che emotivamente. Perciò l'uomo coltiva un feticistico amore-odio per il corpo della donna, che ha la sua estrema manifestazione nella esposizione pornografica e sado-masochista delle donne come oggetti da sottomettere, umiliare, violentare, attuazione visuale delle paure e dei desideri maschili (3).
Un contributo importante dell'opera di Simone De Beauvoir consiste nell'aver dimostrato che l'uomo vuole dominare la donna e la natura per motivi non soltanto economici. Lo fa anche per motivi psicologici che comportano la negazione di una parte di sé. Del resto ciò accade anche in altre attività culturali maschili. Il processo inizia con la repressione violenta di ogni tenerezza ed empatia nei bambini, le cui naturali curiosità e gioia vengono poi tramutate in atteggiamenti arroganti e in tendenze distruttive.
Ma la parte negata dell'uomo non è mai del tutto cancellata. Ne rimane memoria nella consapevolezza della mortalità e nella paura del potere femminile. L'identità sessuale è fondamentalmente fragile, e ciò emerge ogni volta che le verità date sulle donne e sugli uomini sono messe in discussione e ogni volta che i sessi si allontanano dai loro ruoli "naturali". Si può spiegare così, in parte, l'opposizione all'Emendamento sulla Parità dei Diritti. Assai più minacciosi appaiono l'omosessualità e il movimento di liberazione gay, i quali esprimono una verità più radicale: l'orientamento sessuale non è indelebile e non è per sua natura etero-sessuale. In particolare il lesbismo, potere ripudiato, capace di rendere autosufficiente le donne che lo possiedono, ricorda agli uomini che è possibile fare a meno di loro. Gli uomini sono costretti a rammentare la propria dipendenza forzata dalle donne, le quali esercitano una funzione di sostegno e di mediazione nella costruzione della realtà privata e della civiltà pubblica maschile. Sorge di nuovo, così, la necessità di reprimere la memoria e di opprimere le donne.
Il riconoscimento dei legami tra la donna e la natura e della posizione di tramite della donna tra la natura e la cultura apre al femminismo tre possibili vie. La prima conduce all'integrazione delle donne nel mondo della cultura e della produzione, a prezzo di una rescissione del legame donna-natura. L'antropologa Sherry Ortner scrive: "Alla fine, sia gli uomini che le donne possono e devono essere ugualmente coinvolti in processi di creatività e di trascendenza. Solo così si potranno considerare le donne allineate alla cultura, alla dialettica continua tra cultura e natura" (1974, p.87). Questa posizione non mette in discussione il dualismo natura-cultura in sé ed è stata fatta propria dalla maggior parte delle femministe socialiste (v. King, 1981) e anche dalla De Beauvoir e dalla Ortner, che pure hanno analizzato a fondo i legami tra donna e natura. La rescissione di questo legame è vista come condizione essenziale, senza la quale non può esservi liberazione della donna.
Altre femministe hanno ulteriormente sottolineato la connessione tra donna e natura: donna e natura, ovvero ciò che è spirituale e intuitivo, contrapposto all'uomo e alla cultura della razionalità patriarcale. Anche questa posizione non mette necessariamente in discussione il dualismo natura-cultura, né riconosce che la sensibilità ecologica e l'orientamento delle donne verso la vita siano prospettive socializzabili, che potrebbero essere socializzate al di fuori di noi, a seconda della nostra vita quotidiana. Non c'è motivo di credere che le donne, poste in una posizione di potere patriarcale, si comporterebbero diversamente dagli uomini, né che si possa attuare una rivoluzione femminista senza conoscere a fondo la storia e senza misurarsi con le strutture di potere economiche e politiche esistenti.
L'eco-femminismo indica una terza via: sostiene che, pur essendo il dualismo natura-cultura un prodotto culturale, noi possiamo scegliere consapevolmente di non rescindere il legame donna-natura unendoci alla cultura maschile. Piuttosto, possiamo sfruttarlo a nostro vantaggio, per creare un tipo diverso di cultura e di politica, che integri forme di conoscenza intuitive, spirituali e razionali e che attinga sia alla scienza che alla magia, se ciò ci può consentire di trasformare la distinzione natura-cultura e di progettare e realizzare una società libera ed ecologica.
Una cultura come la nostra, che svilisce l'atto di dare la vita e valorizza l'atto di sottrarre la vita, ha profonde implicazioni sia per l'ecologia, sia per le donne. Questa caratteristica della nostra cultura stabilisce un legame tra le teorie e le azioni politiche del movimento ecologico e quelle del movimento femminista. Adrienne Rich ha scritto:
"Per troppi secoli siamo state considerate Natura allo stato puro, e siamo state sfruttate e violentate come la Terra e come il sistema solare; non c'è da stupirsi, se ora desideriamo diventare Cultura: puro spirito, mente. Eppure proprio questa cultura, con le sue istituzioni politiche, ci ha separate da sé. Così facendo ha separato se stessa dalla vita, è diventata la cultura mortale della quantificazione, dell' astrazione, ed è diventata volontà di potere, con una capacità distruttiva senza precedenti nel nostro secolo. È questa cultura, questa politica dell'astrazione, che le donne vogliono cambiare, ridurre in termini umani".
Un modo per fondare una critica femminista di "questa cultura, questa politica dell'astrazione" consiste nell'applicare a tutte le teorie e a tutte le strategie una visione coscientemente ecologica, allo stesso modo in cui stiamo imparando ad applicare a tutte le fasi dell'analisi femminista le categorie di razza e di classe.
Azione diretta e disobbedienza civile
Allo stesso modo l'ecologia necessita di una visione femminista. Senza un'analisi femminista approfondita della dominazione sociale, che sveli le interconnessioni alle radici tra misoginia e odio della natura, l'ecologia rimarrà sempre un'astrazione, rimarrà incompleta. Gli scienziati ecologi e gli ecologi sociali maschi, che non affrontano il problema della misoginia, cioè della più profonda manifestazione di odio per la natura nella loro stessa vita, dimostrano di non condurre l'esistenza ecologica che vorrebbero e non realizzano la società ecologica alla quale aspirano.
Gli obiettivi dell'armonizzazione dell'umanità e della natura non umana, a livello sia sperimentale che teorico, non possono essere raggiunti fuori dalla visione radicale e dalla possibilità di comprensione offerte dal femminismo. Il duplice impegno dell'eco-femminismo verso la liberazione umana e verso il rapporto che abbiamo con la natura non-umana consente di definire norme etiche necessarie ai processi decisionali in materia di tecnologia. Tecnologia significa: strumenti che gli esseri umani usano nell'interazione con la natura, dal bastone per scavare alla bomba nucleare.
L'eco-femminismo aiuta anche a capire i rapporti che esistono tra la dominazione delle persone e la dominazione della natura non umana. La scienza ecologica ci insegna che nella natura non c'è gerarchia. Esiste invece una gerarchia nella società umana, che si proietta sulla natura. L'eco-femminismo propone la teoria femminista, secondo la quale la dominazione della donna è stata all'origine di ogni dominazione nella società umana, e perciò all'origine di ogni gerarchia di grado, di classe, di potere politico. Decisa a smascherare l'ideologia della naturale gerarchia tra le persone, l'eco-femminismo ricorre all'ecologia per dimostrare che in natura non c'è alcuna gerarchia: né tra persona e persona, né tra le persone e il resto del mondo naturale, né tra le varie forme della natura non umana. Viviamo su un pianeta abitato da milioni specie, e la specie umana è soltanto una di esse. Eppure nella sua forma patriarcale la specie umana è l'unica a ritenersi in diritto di dominare le altre specie, e addirittura l'intero pianeta. Paradossalmente, la specie umana dipende in tutto e per tutto dalla natura non-umana. Noi non potremmo vivere senza il resto della natura, ma la natura vivrebbe benissimo anche senza di noi.
L'eco-femminismo fa proprio anche un altro principio basilare della scienza ecologica, quello dell'unità nella diversità, e lo sviluppa politicamente. La diversità in natura è necessaria e fonte di arricchimento. Uno degli effetti più importanti della tecnologia industriale, capitalista o socialista, è la semplificazione ambientale. Molte specie vengono semplicemente spazzate via, spariscono per sempre dalla faccia della terra. Nella società umana, il capitalismo comunista sta portando avanti internazionalmente un processo di semplificazione della comunità e della cultura umane, in modo che gli stessi prodotti possono essere commercializzati ovunque, a tutti. La prospettiva è quella di ritrovarci tutti uguali, con i medesimi bisogni e desideri in tutto il mondo: con la Coca Cola in Cina, con i blue jeans in Russia e con la musica rock americana praticamente dappertutto.
Poche persone al mondo non sono state toccate o non hanno avuto la vita cambiata in qualche misura dalla tecnologia, dall'industrializzazione. In quanto movimento sociale, l'eco-femminismo si oppone a questa semplificazione sociale e valorizza la diversità delle donne in tutto il mondo, pur perseguendo una unità in questa diversità. In campo politico, l'eco-femminismo si oppone a tutte le differenze che possano separare le donne le une dalle altre, e cioè si oppone a ogni oppressione fondata su privilegi, su divisioni di classe, di sesso , di razza.
Il messaggio particolare dell'eco-femminismo è questo: fintanto che le donne soffriranno a causa della dominazione sociale e della dominazione della natura, anche la maggior parte della vita sul pianeta soffrirà e sarà minacciata. È significativo che il femminismo e l'ecologia come movimenti sociali siano emersi proprio ora, nel momento in cui la rivolta della natura contro la dominazione si esplica contemporaneamente nella storia umana e nella natura non umana. Mentre assistiamo al lento avvelenamento dell'ambiente e alla conseguente semplificazione ambientale, o mentre attendiamo il possibile scatenamento di una guerra nucleare, possiamo sperare che la prospettiva di un'estinzione della vita sul pianeta costituirà un impulso al cambiamento sociale su scala mondiale. L'eco-femminismo auspica l'avvento di comunità armoniose, diversificate e decentralizzate, che usino soltanto tecnologie fondate su principi ecologici. Questa è l'unica soluzione pratica perché la vita sulla terra possa continuare.
Con l'emergere di una cultura e di una politica eco-femministe, idee e azioni si fondono. Le ecofemministe intraprendono azioni dirette per attuare cambiamenti tanto immediati e personali, quanto a lungo termine e strutturali. Ciò significa, ad esempio, imparare a curarsi secondo le dottrine olistiche e imparare a usare le tecnologie ecologiche alternative; significa vivere in comunità che esplorino vecchie e nuove forme di spiritualità, le quali celebrino la vita come una serie di espressioni diverse della natura; significa tener conto delle conseguenze ecologiche dei nostri modi di vita e delle nostre abitudini; significa prendere parte a forme di resistenza creativa pubbliche, inclusa la disobbedienza civile nonviolenta.
Per un antimilitarismo femminista
La teoria non si converte mai semplicemente o facilmente in pratica. Di fatto, sovente la teoria resta indietro rispetto alla pratica, e cerca di esprimere le convinzioni che stanno dietro a ciò che la gente sta già facendo. La prassi è l'unità del pensiero e dell'azione, della teoria e della pratica. Molte delle donne che hanno fondato il movimento femminista e antimilitarista negli Stati Uniti condividono la visione eco-femminista che ho appena delineato. Credo che il movimento, così come lo descrivo brevemente in queste pagine, nasca da questa comprensione comune. Negli ultimi tre anni ho preso parte attiva nel movimento eco-femminista antimilitarista, perciò quello che segue è il resoconto diretto di un esempio della nostra prassi.
I legami che intercorrono tra la violenza contro le donne, una cultura militarizzata e lo sviluppo e l'impiego delle armi nucleari sono chiari ormai da tempo alle femministe pacifiste. Le eco-femministe come la sottoscritta, la cui visione della vita poggia sulla consapevolezza del legame che esiste tra la misoginia e la distruzione della natura, hanno cominciato a vedere nel militarismo e nella macabra industria degli armamenti le più immediate minacce alla continuità della vita sul pianeta. Gli effetti ecologici di tutte le altre tecnologie costituiscono una minaccia più a lungo termine. Perciò il militarismo è diventato per molte eco-femministe un problema centrale. Ugualmente, molte di noi hanno fatto propria l'analisi della violenza effettuata dalle femministe pacifiste e di conseguenza hanno cominciato a basare la propria pratica politica sull'azione diretta e sulla resistenza non violente.
L'analisi eco-femminista del militarismo concerne la militarizzazione della cultura e le priorità economiche rivelate dai nostri enormi budget per la "difesa", che vanno a danno degli stanziamenti per i servizi sociali. il livello degli armamenti e delle priorità economiche militariste sono un prodotto della cultura patriarcale, che esprime violenza a tutti i livelli. La nostra libertà e le nostre stesse vite sono minacciate, anche se non c'è guerra e se le armi nucleari non vengono usate. Abbiamo cercato di chiarire in quali modi particolari le donne sono vittime della guerra: perché diventano prede dei vincitori; perché diventano profughe; perché le donne handicappate, le anziane e le ragazze-madri beneficiano di un'assistenza pubblica sempre più in crisi. Colleghiamo la paura della distruzione nucleare alla paura quotidiana della violenza da parte del maschio.
Per le eco-femministe, la tecnologia militare riflette una situazione culturale e politica pervasiva. Ha qualcosa in comune con lo stupro, con il genocidio, con l'imperialismo, con la fame e la mancanza di un tetto, con l'avvelenamento dell'ambiente, con la vita terrificante di tutta la gente del mondo, e in particolare delle donne. Le gerarchie militari e statali si uniscono e si rafforzano a vicenda per mezzo della tecnologia militare. Soprattutto per la caratterizzazione che gli ha dato l'eco-femminismo, il movimento femminista-antimilitarista negli Stati Uniti e in Europa è un movimento contro una tecnologia mostruosamente distruttiva e contro una serie di rapporti di potere insiti nel militarismo.
Sono state organizzate azioni presso il Pentagono in USA e presso le installazioni militari in Europa. La Women's Pentagon Action, originalmente concepita come una conferenza eco-femminista organizzata da me e da altre, ha avuto luogo già due volte sinora, il 16-17 novembre 1980 e il 15-16 novembre del 1981. Il primo anno vi hanno partecipato circa 2.000 donne, che sono diventate più del doppio il secondo anno. Io ho partecipato alla programmazione di entrambe le azioni e con le altre organizzatrici abbiamo badato che le azioni riflettessero tutti gli aspetti della nostra politica. Di proposito non c'erano speaker, né leader. Le azioni avevano lo scopo di evidenziare i collegamenti tra il problema militare e altri problemi eco-femministi.
I temi della Women's Pentagon Action sono confluiti anche in altre azioni alle quali il nostro gruppo ha partecipato, comprese quelle organizzate da altri. Nei giorni 12-14 giugno del 1982, durante una dimostrazione per il disarmo a New York, il nostro gruppo ha marciato inalberando un gigantesco mappamondo con lo slogan: "Un mondo femminista è una zona denuclearizzata". Altri striscioni inneggiavano a un futuro femminista e si leggevano slogan quali: "La guerra è fatta dagli uomini", "Basta con la violenza nella nostra vita" e "Disarmiamo il patriarcato". Ci sono state altre azioni simili, ispirate alla Women's Pentagon Action, in altre parti degli Stati Uniti e in Europa. In California le donne hanno circondato il Bohemian Club, un circolo per soli uomini dirigenti d'azienda, militari e funzionari del governo, inscenando una manifestazione di protesta in favore della vita (v. Starhawk , 1982, p.168). In Gran Bretagna, il 12 dicembre 1982, 30.000 donne hanno circondato una base militare americana, sventolando vestitini da neonato, sciarpe, poesie e altri effetti personali. A un certo punto, la parola "libertà" è venuta spontaneamente alle labbra delle donne ed ha circolato intorno alla base. Il 13 dicembre 1983 tremila donne hanno picchettato con metodi non-violenti la base, impedendo l'ingresso.
La politica creata da queste azioni attinge alla cultura delle donne: incorpora il meglio della socializzazione vitalistica delle donne, si fonda sulla differenza tra le donne, si organizza anti-gerarchicamente in piccoli gruppi, con grande immaginazione visuale ed emotiva, e infine persegue una integrazione dei problemi.
Queste azioni sono un'esemplificazione dell'eco-femminismo. Mentre gli esperti tecnocrati (femministe comprese) discutono sui meriti e sui demeriti dei sistemi di armamenti, l'eco-femminismo affronta il problema del disarmo a un livello più intimo, morale.
L'eco-femminismo ritiene che per fermare la corsa agli armamenti e per trasformare le priorità economiche mondiali occorrono una cultura personalizzata e decentrata e una politica di azione diretta. Giacché le armi esistono soltanto in virtù di un odio maschile verso le donne e la natura tutta, i problemi del disarmo e della minaccia di una guerra nucleare sono problemi femministi. Sono i problemi umani ed ecologici per eccellenza. E così si fondono l'ecologia, il femminismo e la liberazione di tutta la natura, noi compresi.
traduzione di Michele Buzzi