“Interrogations” (1974-1979)
Il primo numero di «Interrogations» (sottotitolo: rivista internazionale di ricerche anarchiche) esce nel dicembre del 1974. Promotore è Louis Mercier Vega, che resterà direttore de facto, cioè animatore e responsabile redazionale ed editoriale, fino al n. 8 (settembre 1976), e resterà anche dopo e fino alla sua morte un riferimento redazionale fondamentale.
«Interrogations» è trimestrale e quadrilingue: ogni articolo è pubblicato in una delle quattro lingue presenti (francese, inglese, italiano, spagnolo) e seguito da un summary nelle altre tre.
La presentazione del primo numero dice, tra l’altro: «Definire quel che la rivista si pone come scopo ci porta dunque ad elencare ciò che manca, in questa fine del ventesimo secolo, al pensiero libertario […]. Si tratta di un doloroso sforzo di lucidità. Sforzo che deve applicarsi in primo luogo alla verifica ed all’elaborazione delle tesi anarchiche sul ruolo dello Stato e sulla formazione d’una nuova classe dirigente».
Dopo il primo biennio di vita, come programmato, la responsabilità redazionale e amministrativa passa a un collettivo italiano, integrato nella cooperativa Editrice A. Alla fine del secondo biennio (n. 16, ottobre 1978), «Interrogations» dovrebbe passare, secondo lo schema di rotazione previsto, a un collettivo spagnolo o inglese… ma tale collettivo non c’è. «Interrogations» resta perciò in Italia, ma ancora per poco: chiude con il numero doppio 17-18 del giugno 1979, un numero monografico sull’autogestione, di 256 pagine, tutte in italiano tranne i summaries in francese, inglese e spagnolo.
I responsabili italiani di «Interrogations» saranno, a partire dal 1980, i principali animatori del collettivo redazionale che rinnova e rilancia la rivista «Volontà», anch’essa entrata nell’ambito dell’Editrice A, accanto alla rivista «A» e alle edizioni Antistato, poi elèuthera.
Frammento biografico di Louis Mercier Vega (1973-1977)
di Amedeo Bertolo
Ho visto per l’ultima volta Louis Mercier Vega (o meglio, colui che all’epoca così si faceva chiamare) quasi esattamente venti anni fa, nel novembre del 1977, a Parigi, nella sua casa di rue de Valenciennes. Venti anni fa: una decina di giorni prima della sua morte volontaria e programmata.
Proprio per il suo suicidio programmato eravamo venuti a Parigi, io e un paio di compagni di Milano (Fausta Bizzozzero e Luciano Lanza), che come me facevano parte del gruppo redazionale e amministrativo italiano della rivista fondata da Mercier tre anni prima: «Interrogations».
Nell’aprile precedente, a margine di un incontro organizzativo di «Interrogations», a Torino, Mercier ci aveva comunicato la sua intenzione di uccidersi verso la fine dell’anno. Ce l’aveva comunicato perché sapessimo di non poter contare su di lui al di là degli impegni compatibili con quella sua scelta. Ce l’aveva detto un po’ di sfuggita, senza dare apparentemente peso alla faccenda. L’understatement non era inconsueto in lui, ma questa volta ci lasciò perplessi, così che non sapevamo se prendere davvero sul serio quel suicidio annunciato. Lo avevamo preso più sul serio quando aveva confermato la sua intenzione, sempre di sfuggita, in ottobre, a Milano, a margine di un’altra riunione. Eravamo dunque andati a trovarlo a Parigi, per cercare di capire e magari per dissuaderlo. Per stare con lui, per lo meno, un’ultima volta se proprio era vero che stavamo per restare «orfani» di chi era stato, per noi, in quegli ultimi anni, un importante punto di riferimento culturale (e anche umano).
Mercier si rifiutò categoricamente di parlare dell’argomento suicidio, e io per rispetto, per delicatezza, non insistetti più di tanto, conoscendo la sua serietà, la sua volontà ostinata e constatando la sua calma determinazione. Così andammo per librerie, per ristoranti, e poi a casa parlammo per ore.
Aveva un vestito liso, i pantaloni sformati, con le borse alle ginocchia. Dettaglio significativo per una persona che avevo sempre visto vestire in modo formalmente corretto, quasi pignolescamente corretto, pur senza pretese d’eleganza. Mentre eravamo a casa e parlavamo – di tutto tranne che di «quello» – è arrivato un acquirente del suo televisore. Aveva fatto un’inserzione per vendere tutte le sue cose. Stava pignolescamente monetizzando – per lasciare a iniziative del movimento anarchico – le sue ultime modeste proprietà. Stava chiudendo tutti i suoi conti con la vita, anche quelli minori. E ho assistito a una sua telefonata a Maurice Joyeux, esponente di spicco della Fédération Anarchiste (FA). Gli diceva di non preoccuparsi per i problemi sollevati dalla sua eventuale partecipazione al Congresso dell’Internazionale delle Federazioni Anarchiche, come delegato della Federación Libertaria Argentina (FLA). Poiché il congresso era stato rinviato alla primavera del 1978, egli non avrebbe potuto partecipare comunque, al di là della polemica, attorno alla sua persona e alla sua presenza, sollevata dagli spagnoli in esilio della Federación Anarquista Ibérica (FAI). Non avrebbe potuto partecipare… diceva con tranquilla serietà, forse con nascosta ironia. Certo: di lì a dieci giorni non avrebbe potuto partecipare ad alcunché, se non nella memoria dei suoi amici e compagni.
Apro qui una breve digressione. La «questione spagnola» era in breve questa: una parte della Confederación Nacional del Trabajo (CNT) e della FAI in esilio (o meglio della frazione maggioritaria di un movimento continuamente in preda a rissose controversie, scissioni, riconciliazioni…) ce l’aveva con Mercier già dagli anni Cinquanta. Riuscire a inimicarsi una parte consistente dell’esilio libertario spagnolo è cosa non da poco per uno come Mercier che era corso a combattere con la colonna Durruti già nel luglio del 1936! La causa era, credo, nella inflessibile schiettezza di pensiero critico e nella sua disinibita eterodossia sperimentale… Nel 19582, ad esempio, è tra i promotori di una Commission Internationale de Liaison Ouvrière (CILO) assieme a esponenti di una frazione della CNT e della Sveriges Arbetares Centralorganisation (SAC) svedese (sospette l’una e l’altra di «revisionismo» anarchico), oltre che con il gruppo di sindacalisti de «La révolution proletarienne». Così Mercier entra nella lista nera dei «nemici del popolo» cenetista e faista. L’attacco a Mercier riprende quando Mercier riprende «visibilità» nel movimento anarchico internazionale, con il progetto «Interrogations». Così nel 19743, nel 19754, nel 19765 e, infine, nel 1977 si susseguono le aggressioni verbali contro di lui, che aprono un vero e proprio «caso» internazionale. Questa volta Mercier non è più semplicemente «revisionista» e amico degli «scissionisti», ma addirittura «noto agente della CIA». La storia è complessa6, ma fermiamoci qui.
Avevo conosciuto Mercier poco più di quattro anni prima, nell’agosto 1973, anche allora a Parigi, nella sua casa di rue de Valenciennes.Eravamo venuti a fargli visita io e Rossella Di Leo, perché avevamo trovato singolarmente originale e intellettualmente ricco il suo L’incrévable anarchisme [La pratica dell’utopia, vedi pdf scaricabile]. Volevamo parlargli e proporgli di collaborare alla nostra rivista anarchica italiana: «A». Il suo indirizzo ce l’aveva dato un vecchio compagno italiano, Pio Turroni, che lo conosceva da prima della guerra, quando Mercier si chiamava Ridel. S’erano frequentati a Marsiglia, dove erano entrambi reduci della Rivoluzione spagnola e non s’erano mai persi di vista.
Mercier non delude le nostre aspettative. Anzi. Apprezzo in lui subito (e ancor più man mano che lo conoscerò successivamente) il vero intellettuale anarchico, con una straordinaria cultura cosmopolita e con una straordinaria esperienza militante, «senza illusioni e senza rimpianti», con le sue certezze e le sue problematicità di anarchico e di intellettuale. Il suo lucido, antiretorico, affascinante anarchismo si palesava nelle parole e negli scritti per quello che in un’intervista pubblicata postuma7 avrebbe così definito: «L’anarchismo deriva dalla volontà di conoscersi e di conoscere la società nella quale si vive, per arrivare a essere padroni del proprio destino, con gli altri, affinché la società sia una comunità libera e fraterna».
Comprendiamo subito che è stato un felice incontro, che con questo Mercier potremo fare insieme buone cose e imparare molto. Ci unisce tra l’altro l’interesse per il fenomeno della nuova classe in ascesa, la tecnoburocrazia, una tematica cui noi8 all’epoca dedicavamo un’attenzione quasi maniacale e che percorrerà «Interrogations» per tutti i suoi quattro anni e mezzo di vita. Una tematica già trattata da Mercier sin dagli anni Quaranta9.
Durante quell’incontro parlammo a Mercier anche di un’idea che da qualche tempo carezzavamo: quella di una rivista internazionale anarchica. L’idea gli deve essere piaciuta molto (o forse rafforzava qualche sua idea analoga) perché ne fece subito un progetto. Il progetto di quella che sarebbe stata «Interrogations, rivista internazionale di ricerche anarchiche».
Con «Interrogations», che ancora non si chiamava «Interrogations», comincia l’ultima avventura intellettuale ed editoriale di Mercier, che già allora forse, stando a sue successive allusioni, aveva deciso di porre un limite temporale piuttosto breve alla sua vita residua. L’ultima avventura intellettuale ed editoriale, ma non l’unica attività, certo. Nei quattro anni che si concede e ci concede, scrive due libri sull’America latina10 e un libretto sull’anarco-sindacalismo11; scrive sedici articoli per «A» tra l’ottobre 1973 e il novembre 1977 (dieci di argomento latino-americano e sei di attualità politica francese) con lo pseudonimo di Santiago Parane; collabora con il Centro studi libertari Giuseppe Pinelli di Milano per l’organizzazione di un convegno sulla tecnoburocrazia12… un convegno che non vide, perché si tenne qualche mese dopo la sua morte, ma per il quale ci lasciò una relazione scritta… Cura la revisione e l’aggiornamento dell’edizione italiana dell’Increvable13… Scrive anche qualcosa per un mio progetto di Piccola Enciclopedia anarchica che non si realizzò mai… E questo è solo (e non tutto) ciò che so per conoscenza diretta.
Fa certo molte altre cose tra il 1973 e il 1977, ma è indubbio che dedica la maggior parte delle sue energie intellettuali, del suo capitale di conoscenze e delle sue risorse materiali al progetto di rivista internazionale. Si butta nell’impresa, tanto ardua che solo lui allora, forse, avrebbe potuto realizzare, con la serietà, l’impegno, la tenacia, le capacità organizzative (un po’ autocratiche) che gli erano proprie.
A fine 1973 spedisce a dieci persone una lettera circolare in cui la rivista non è più una semplice idea, è già un progetto in marcia. Un progetto che è un «suo» progetto, a questo punto. Seguono, a cadenza regolare, altre cinque circolari sull’avanzamento dei lavori, in preparazione e in prosecuzione di una riunione organizzativa che si terrà a Parigi, nell’aprile 1974. In quella riunione parte «ufficialmente» il progetto e comincia il lavoro redazionale. Ai primi di settembre Mercier mi informa che è stato scelto (da chi? da lui suppongo: non corrisponde a nessuno dei titoli suggeriti nelle riunioni internazionali e nelle lettere che ci eravamo scambiati sino ad allora) il titolo di «Interrogations». Un titolo non particolarmente brillante che non mi entusiasma, ma che ben esprime lo spirito con cui nasce la rivista. Per usare le parole di Mercier: il militante anarchico deve «imparare a vivere e ad agire in mezzo a una selva di punti interrogativi, perché sia la propaganda dottrinale sia le situazioni di fatto esigono una continua messa a punto».
Nel dicembre del 1974 esce il primo numero di «Interrogations», e poi a puntualissima frequenza trimestrale, altri sette numeri, fino al settembre 1976; dopo di che, passate le responsabilità redazionali e amministrative a una equipe italiana, «Interrogations» uscirà ancora, con minore puntualità, fino al 1979. L’ultimo numero sarà il numero doppio 17/18. In quattro anni e mezzo erano state pubblicate complessivamente quasi duemila pagine, di qualità per lo più buona o eccellente. Molti gli studi originali su tematiche d’attualità o teoriche di fondo, come era negli intenti di partenza. E, come era negli intenti, numerosi e validi i contributi all’analisi dei «nuovi padroni». In quegli anni «Interrogations» è certamente la migliore rivista teorica anarchica esistente.
Mercier contribuisce non solo con un’intensa attività redazionale di stimolo e di sollecitazione, di ricerca di temi, di collaboratori, di documenti14, ma anche con sei articoli importanti (di cui due firmati Parane)15.
La sua attività redazionale è particolarmente intensa nella fase preparatoria di «Interrogations». Per darne un’idea, si pensi che tra il 1974 e il 1975 Mercier ha scritto, a me solo, novanta lettere circa, in media una alla settimana!16 Ma il suo contributo a «Interrogations» resta notevole anche quando, dopo l’ottobre ‘76, egli passa le consegne all’equipe italiana (Milano e Torino). Fino a poco prima della sua morte. Anche in quel suo ultimo anno continuerà a occuparsi fortemente, appassionatamente, di «Interrogations». Del resto, aveva venduto la sua preziosa biblioteca, di oltre 1.500 libri antichi e moderni sull’America latina, per procurare i fondi necessari ad assicurare la vita della rivista nel biennio 1977-1978…
«Interrogations» muore nel 1979, per problemi finanziari (è finita la «dotazione» Mercier che copriva quasi metà dei costi) e per difficoltà redazionali (non si trova, com’era nel progetto, un’altra equipe – inglese o spagnola – per il terzo biennio 1979-1980 e l’equipe amministrativo-redazionale milanese si trova quasi involontariamente a doversi assumere, dal 1980, la pubblicazione della rivista «Volontà»). Dopo l’apparente successo di abbonamenti e vendite del primo anno17, il secondo anno vede una caduta di abbonamenti e vendite, e negli anni successivi continuerà un lento costante declino di diffusione. Le difficili caratteristiche congenite di «Interrogations» (quadrilinguismo e alto livello di trattazione e scrittura) la mettevano, per così dire «fuori mercato».
«Interrogations» muore nel 1979. Un anno e mezzo prima era morto Louis Mercier Vega, lucidamente come lucidamente era vissuto. «Senza illusioni e senza rimpianti», per usare le sue parole.
Note
1. Con tanto di credenziale scritta, firmata dal Segretario Generale della FLA (Fondo Mercier, CIRA, Lausanne e Fondo Mercier, Archivio Pinelli, Milano). Si vedano: lettere di Mercier a Umberto Marzocchi (per la CRIFA) del 6.7.77, del 6.9.77 e del 20.9.77, e lettera di Marzocchi a Mercier del 14.9.77 (Fondi Mercier, cit.).
2. Si veda la lettera a Mercier del 16.5.58 di Giovanna Berneri, vedova di Camillo e responsabile della rivista anarchica «Volontà», cui Mercier collaborava assiduamente, con cronache e commenti internazionali, sin dal 1946 con lo pseudonimo di Santiago Parane (Fondi Mercier, cit.).
3. Si vedano: lettera di Amedeo Bertolo a Mercier del 5.3.74 e di Mercier a Bertolo del 18.3.74 (Fondi Mercier, cit.).
4. Si vedano: lettera di Pio Turroni ad «A» del 9.10.75, lettere di Mercier a Turroni del 13 e del 15 ottobre 1975, lettere di Bertolo a Mercier del 14.10.75, lettera di Mercier a Bertolo del 14.10.75, lettera di Luciano Lanza e Paolo Finzi (per «A») alla Comisión Intercontinental de Relaciones de la FAI en el Exilio (e, per conoscenza, ad altri organismi spagnoli e italiani) del 22.10.75, lettere di Turroni a Bertolo et al. del 19.12.75 (Fondi Mercier, cit.).
5. Si vedano: lettera di Isaac Barba al Comitato Spagna Libertaria et al. del 12.3.76 (Archivio Pinelli, Fondo Mercier).
6. Per una brevissima trattazione si veda Louis Mercier Vega, ovvero l’amaro orgoglio di una lucidità senza rimpianti di Marianne Enckell sul Bollettino dell’Archivio G. Pinelli, n. 9 (luglio 1997), pp. 6-10.
7. «Interrogations», n. 13 (gennaio 1975), pp. 23-37.
8. Per «noi» intendo in questa sede la redazione di «A» e più in generale l’organizzazione di cui facevo parte: i Gruppi Anarchici Federati (GAF), nel cui Documento programmatico è contenuta un’ampia analisi della tecno-burocrazia (si veda in Che cosa sono i GAF, CDA, Torino, 1976). A questo proposito, Mercier tra anni dopo vorrà pubblicare una parte di quel programma su «Interrogations» (n. 7, giugno 1976) e ne farà aperto elogio; «[Le programme anarchiste des GAF] me semble neuf, equilibré et par conséquence fort different de la prose renâchée que nous trouvons en general dans la presse anarchiste» (lettera di Mercier a Bertolo del 28.4.76, Fondi Mercier, cit.). Per inciso, Mercier non condivideva l’enfasi posta dai GAF, nella teoria e nella pratica, sul «gruppo d’affinità», nucleo organizzativo che critica in Sur les groupes d’affinité («Interrogations», n.13, 1978).
9. Si veda ad esempio un lungo articolo, a firma Ridel, pubblicato a puntate con il titolo Al di là del capitalismo sui nn. 23, 24, 25 e 26 del 1941 de «L’Adunata dei Refrattari» di New York. Quella dei «nuovi padroni», di una classe dominante diversa dalla borghesia (manager, burocrati, tecnocrati…) e da un sistema di dominio, diverso dal capitalismo, fondato sulla funzione e non sulla proprietà (capitalismo burocratico, collettivismo burocratico, tecnocrazia…), era una tematica al centro di una vivace discussione, alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta, nella sinistra rivoluzionaria non-stalinista, specialmente ai margini del trotzkismo. E Mercier con grande tempestività la portò nel movimento anarchico, che peraltro non ne approfittò molto; tant’è che all’inizio degli anni Sessanta un gruppo di giovani anarchici (di cui facevo parte) dovette «reinventarsi» il problema, non trovandone traccia nella cultura anarchica a loro contemporanea.
10. Autopsie de Peron (1974) e La révolution par l’Etat (1978; trad. it. La rivoluzione di Stato, Antistato, Milano, 1979).
11. L’anarchosyndicalisme et le syndicalisme révolutionnaire (1978; trad. it. Azione diretta e autogestione operaia, Antistato, Milano, 1979).
12. L’idea nasce nel 1975 come progetto di seminario di studi ristretto (si vedano lettere di Mercier a Bertolo del 4.4.75 e del 8.4.75, Fondi Mercier, cit.), si trascina stancamente nel 1976 e fino a metà del 1977 (accenno in varie lettere tra Mercier e Bertolo, (Fondi Mercier, cit.) e poi diventa finalmente operativa come progetto di grande convegno internazionale di studi. Il convegno che si terrà a Venezia dal 25 al 27 marzo 1978, con 24 relazioni e davanti a un pubblico variabile fra le trecento e le cinquecento persone. Mercier aveva inviato la sua relazione già a fine maggio 1977 (Convergenze e peculiarità latino-americane, in AA.VV., I nuovi padroni, Antistato, Milano, 1978).
13. Uscita postuma con il titolo La pratica dell’utopia, cinque saggi sull’anarchismo, Antistato, Milano, 1978.
14. A questo scopo, oltre a una forsennata corrispondenza, tra il 1974 e il 1977 fa numerosi viaggi. Al di là di quelli connessi con le annuali riunioni redazionali internazionali e a brevi puntate a Milano, Torino, Ginevra, Amsterdam, nel 1976 fa una lunga trasferta in Spagna e Portogallo e nel febbraio 1977 gira l’America latina.
15. Elements pour un dossier chilien (n. 3, 1975); La variante militaire de la nouvelle classe (n. 5, 1975); Les Eglises latino-americaines et le Siècle (n. 8, 1976); Hors-jeu international et jeu internationaliste (n. 11, 1977); Sur les groupes d’affinité (n. 13, 1978); Les nouveaux mâitres: confluences et particularités latino-americaines (n. 14, 1978).
16. La sua energia sembra inesauribile. Un aneddoto: il 28 giugno 1975 (lettera da Mercier a Bertolo) propone, per la riunione internazionale che si terrà a Ginevra il 4 e 5 ottobre, tre sessioni al giorno di lavoro – mattina, pomeriggio e sera – proposta, beninteso, da noi prontamente rintuzzata e ridimensionata… a misura umana!
17. Duemila copie distribuite tra abbonamenti (quattrocento), distribuzione commerciale e militante: Italia e Francia i due «mercati» principali, con oltre la metà delle copie, ma presenza più o meno consistente in una quarantina di Paesi, in quattro continenti.
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