
Ci sono voluti decenni perché la partecipazione degli anarchici e dei libertari alla Resistenza uscisse dal cono d’ombra in cui le “grandi narrazioni” novecentesche l’avevano occultata. Eppure, nel luglio 1943 gli anarchici erano, dal punto di vista numerico, il secondo gruppo politico presente al confino. Né va dimenticato che solo per loro non arrivò mai arrivato l’ordine di liberazione da parte del governo Badoglio: furono tutti trasferiti nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari, da cui si auto-liberarono in massa nel settembre 1943. In questi anni di silenzio solo uno sparuto drappello di storici e un più folto gruppo di attivisti ha lavorato per raccogliere le testimonianze dei protagonisti di quella pagina di storia. In particolare sono state raccolte alcune registrazioni audio negli anni Settanta-Ottanta e alcune registrazioni video negli anni Novanta, poco prima che quella generazione che ha combattuto il fascismo per tutto il ventennio, e non solo durante la seconda guerra mondiale, si estinguesse per ragioni anagrafiche. Qui diamo la possibilità di ascoltare le loro stesse voci.
Date le circostanze molto fluide e variegate, questa partecipazione degli anarchici e dei libertari alla lotta armata contro il nazifascismo assunse forme diverse. In alcune aree geografiche furono costituite formazioni partigiane autonome, come il Battaglione Lucetti nel carrarino; in altre aree, come in Lombardia, le Brigate Bruzzi-Malatesta aderirono alle Brigate Matteotti, mantenendo però una loro autonomia; nelle regioni in cui non c’erano formazioni libertarie, i partigiani anarchici confluirono nelle brigate già costituite dalle altre forze antifasciste (socialiste, comuniste e azioniste). Va anche ricordato che una parte (minoritaria) dei militanti anarchici scelse una strada diversa per vari motivi: alcuni perché si rifiutavano di partecipare a quella che ritenevano una guerra tra imperialismi; altri perché dopo la tragica esperienza del Fronte Popolare nella guerra civile spagnola non volevano in alcun modo collaborare come le forze comuniste agli ordini di Stalin e Togliatti; altri ancora perché non intendevano impugnare le armi in quanto coerentemente nonviolenti. Questo ovviamente non vuol dire che non abbiano partecipato alla lotta clandestina contro il nazifascismo, ma solo che l’hanno fatto con modalità diverse. Di sicuro c’è ancora molto da indagare per ricostruire la storia della Resistenza anarchica e libertaria in Italia – a cominciare dal contributo delle donne nella cruciale attività clandestina non armata – e la nostra speranza è che i materiali qui raccolti possano fornire una base di partenza per ulteriori ricerche.